La gestione dell’emergenza: dialogo con i protagonisti - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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La gestione dell’emergenza: dialogo con i protagonisti

Archivio > Aprile 2007 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 1 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

La gestione dell’emergenza: dialogando con i protagonisti
Abbiamo intervistato i responsabili dei soccorsi. Ne è emerso un quadro composito ed interessanti prospettive per il futuro…
Luca Stanchieri
(Dottore in psicologia clinica)

L’incidente della metropolitana di Roma è stato un banco di prova e di verifica di una lunga preparazione che sta coinvolgendo la protezione civile e le istituzioni preposte alla salvaguardia della salute e della sicurezza dei cittadini. Dalle nostre interviste emerge un quadro composito di come si è reagito a quello che all’inizio poteva paventarsi come un disastro di proporzioni non immediatamente comprensibili. I vigili del fuoco, il 118, la protezione civile sono stati allertati dalla notizia di un incidente le cui proporzioni non erano specificate. Non potevano esserlo. Grazie al lungo processo di preparazione e alla collaborazione con la direzione della metro, i vigili del fuoco sono intervenuti in meno di un minuto dalla chiamata e in quindici minuti avevano terminato il processo di evacuazione. La complessa macchina dei soccorsi si è mossa tempestivamente grazie all’approfondito processo di prevenzione che coinvolge in primo luogo la protezione civile ma anche le istituzioni municipali. Come afferma la dottoressa Patrizia Cologgi , direttore del Servizio extradipertimentale della protezione civile del comune di Roma, l’esito positivo è stato determinato dalla pianificazione degli interventi, dalla prevenzione, che ha individuato prima dell’incidente soggetti e procedure da eseguire nei casi di emergenza. Questi piani sono frutto di attento studio e coinvolgimento a Roma delle istituzioni locali e di quartiere, come i municipi. I cancelli e i corridoi sanitari sono stati tempestivi ed efficienti, perché le autorità sapevano già come applicarli. Secondo l’ingegnere Francesco Mele, direttore dell’Ufficio idrografico e mareografico della Regione Lazio, il livello di prevenzione deve partire da uno "stimolo soglia" molto basso, bisogna muoversi molto prima che l’evento accada, soprattutto quando questo è possibile. Roma infatti è una gigantesca macchina organizzativa che per essere mossa ha bisogno di tempo. Grazie ad un rete di coordinamento sorta in questi anni, anche gli psicologi degli ospedali sono stati tempestivamente allertati, ancora prima che arrivasse la chiamata del 118. Esiste infatti un coordinamento che gli psicologi dei principali ospedali di Roma stanno costruendo proprio in vista di possibili emergenze. Il suo lavoro è dedicato sia alla cura dei protocolli di  interventi possibili, sia come confronto metodologico e aggiornamento professionale sulle procedure da eseguire, come ci ha specificato la dottoressa Danila Pennacchi, dell’ospedale San Camillo Forlanini di Roma.
Anche il gruppo degli psicologi appartenenti all’Ordine degli psicologi del Lazio, riporta la dottoressa Rita Di Iorio referente del gruppo, sono intevenuti in ausilio dei pronto soccorsi , hanno effettuato il debriefing per gli operatori del 118 intervenuti e stanno seguendo alcune vittime nell’elaborazione dello stress post traumatico. Nell’incidente alla metro A sono intervenuti i colleghi delle associazioni : Psicologi per i Popoli, SIPEM, Centro Alfredo Rampi.
Dalle nostre interviste emerge un quadro composito e interessante dalla rete che si sta costruendo intorno ai temi della emergenza e della prevenzione. L’esperienza della metropolitana induce il comandante dei Vigili del Fuoco a evocare per il futuro un miglioramento della visibilità del punto di comando in un campo di emergenza, la dottoressa Danila Pennacchi ad auspicare un maggior coinvolgimento degli psicologi dell’emergenza e a rafforzare e migliorare la comunicazione istituzionale nelle situazioni di rischio rafforzando la rete fra le persone presenti nelle istituzioni e quelle preposte alla salvaguardia della sicurezza pubblica. La dottoressa Rita Di Iorio a migliorare i protocolli fra l’Ordine e gli enti preposti al soccorso.
Emerge anche un quadro interessante del comportamento che i cittadini e i clienti della metro hanno avuto in occasione dell’incidente. Negli ultimi tempi la protezione civile ha potuto "constatare un livello diverso di maturità delle persone; le persone sono più consapevoli della probabilità di trovarsi di fronte ad un’emergenza e per questo tendono meno a lasciarsi prendere da comportamenti emotivi di paura o panico. Piuttosto vogliono sapere: vogliono sapere cosa succede e cosa debbono fare durante l’emergenza in corso . C’è un’apertura al rischio, non vogliono più esorcizzarlo ma vogliono conoscere, sapere cosa fare durante una fuga di gas, un incendio.", come ha affermato la dottoressa Patrizia Cologgi. "Le rassicurazioni paternalistiche – ha continuato- che nascondono i problemi, irritano, non funzionano più,  i cittadini esigono una chiarezza che li aiuti a superare le situazioni di emergenza." D’altro lato il comandante Guido Parisi dei VVF approccia lo stato culturale generale dei cittadini in situazioni di emergenza da un altro punto di vista. In particolare ci indica come nelle giovani generazioni ci sia una sorta di "incompetenza pratica ovvero una sorta di delega-dipendenza permanente dall’ "esperto che sa" e a cui demandare anche i più elementari bisogni della vita quotidiana". Questa incompetenza pratica, a mio avviso, non è inconciliabile con la visione della responsabile della protezione civile. Anzi, la arricchisce. Perché la volontà di sapere cosa succede e come reagire, può divenire anche una domanda di competenza e formazione su come agire in situazioni di emergenza. La coscienza della propria "incompetenza pratica" può rivelarsi fatale nelle situazioni di emergenza e prevenzione, perché sappiamo che negli attimi fulminei e inizialissimi di un’emergenza i soccorritori sono in primo luogo le vittime stesse. "La consapevolezza di vivere in una nuova fase, come afferma anche la dottoressa Danila Pennacchi riferendosi a dopo l’11 settembre, può generare nelle scuole, nei quartieri, nei posti di lavoro la domanda formativa di un sapere utile in emergenza, che da un lato faccia fronte all’ incompentenza pratica e dall’altra soddisfi la domanda di formazione che la maturità civile comporta".
Già i vigili del fuoco stanno organizzando corsi che oltre a far conoscere le loro strutture insegnano a come affrontare un incendio ai suoi esordi. L’Associazione Rampi svolge dalla sua nascita interventi nelle scuole per la rilevazione dei rischi del proprio territorio e per l’educazione ad una gestione psico-comportamentale corretta a seconda delle diverse emergenze.
Ma più in generale mi pare che questa rinnovata coscienza civica può indurre tutti noi, esperti nel campo della prevenzione e dell’emergenza a capire che può sorgere una nuova committenza formativa: le attività di prevenzione nelle situazioni di emergenza possono cioè coinvolgere a diversi livelli l’intera cittadinanza. Prevenire è possibile solo tramite la partecipazione attiva dei cittadini, come soggetti protagonisti, e i cittadini sono potenzialmente disposti a formarsi: questa sembra la grande lezione che l’incidente della metropolitana consegna agli "esperti".
Richiamo inoltre a un impegno straordinario sul tema della comunicazione: tema che coinvolge l’autorevolezza della fonte, la chiarezza del messaggio e che si costruisce nella normalità, come processo di prevenzione, ma anche di alleanza con i cittadini stessi.

Intervista al presidente della metropolitana di Roma dottor Stefano Bianchi
A cura di Luca Stanchieri e Rita di Iorio.


Come avete reagito all’incidente?
<<La scelta immediata che abbiamo fatto dopo l’incidente era quella di accelerare al massimo i tempi di ripristino del normale funzionamento della metro. Dopo aver verificato gli impianti, ci siamo adoperati per il ritorno alla normalità. E in 24 ore la metro era stata rimessa in funzione e in 48 ore riaperta anche la stazione di Piazza Vittorio.>>

Qual è stata la reazione degli utenti della metropolitana?
<<Il giorno dopo l’incidente l’utenza a mio avviso non si aspettava una riapertura ordinaria. La frequenza della metropolitana infatti è aumentata nel corso della giornata, probabilmente la maggior parte delle persone pensava che la metropolitana fosse chiusa. Non pensiamo che l’incidente abbia suscitato paure nell’utenza; anzi, attraverso il passaparola, il giorno dopo si è saputo che la metro era aperta e la gente ha ricominciato a venire in massa. Il giorno dopo ancora infatti abbiamo avuto il pienone di sempre. Non c’è stata alcuna flessione dell’utenza.
La customer satisfaction, fatta dall’ATAC e gestita dal professor Pieopoli, a fine gennaio 2006 indicava che quella che era stata una criticità dei nostri servizi, ovvero la celerità degli interventi in caso di sospensione del servizio per guasti o incidenti, era diventata un pregio. Sostanzialmente dunque la scelta di dedicare tutte le energie all’immediato ripristino ha pagato, è stata apprezzata ed ha permesso ai cittadini romani di assorbire in modo molto veloce l’incidente.
Il trauma invece c’è stato all’interno, per me e per i miei colleghi.>>

Cosa intende?
<<Dentro l’azienda è successo qualcosa di particolare, che solo ora cominciamo a riassorbire. Come se avessimo dovuto passare una fase di elaborazione del lutto. Questa fase, traumatica o di elaborazione del lutto, ha avuto diverse manifestazioni: c’è chi si è chiuso, chi ha urlato, chi ha denunciato delle cose ai giornalisti, chi si è assentato dal lavoro, chi ha impostato vertenze. E’ stato un clima che ha avuto ricadute interne all’organizzazione. Il dato della gestione metro A è significativo a tal proposito, perché soprattutto fra i macchinisti, il rifiuto di fare determinati turni, il rifiuto di fare straordinari, ha portato nei mesi successivi all’incidente un calo del 18/20% delle prestazioni.Tutti fenomeni che indicano una reazione traumatica all’evento, che ha rotto una tradizione consolidata: è stato il primo incidente; ha evidenziato la nostra vulnerabilità. Sarebbe interessante avviare uno studio su cosa è successo e cosa ha smosso dentro di noi, addetti ai lavori, questo incidente. Probabilmente ha cambiato il modo di vedere il nostro lavoro.>>

Come state lavorando sulla comunicazione?
<<Stiamo lavorando molto sulla comunicazione. La comunicazione è molto migliorata in questi anni anche se possiamo ancora migliorare. Nei nostri sondaggi, l’utenza in effetti chiede una diversa modalità di comunicazione. Spesso però ci troviamo in situazioni complesse dove la gestione dell’informazione non è facile, Nei casi di interruzione del servizio può accadere di non individuare il danno, e questo ci rende insicuri rispetto ai tempi di ripristino, oppure ci possono essere situazioni drammatiche come i suicidi, che purtroppo stanno crescendo. E’ molto difficile in questi casi dare informazioni corrette ed esaustive. Ma sappiamo che la comunicazione può essere migliorata. Le persone vogliono sapere ed essere informate.>>

Quali iniziative concrete avete avviato?
<<A tale scopo abbiamo cominciato ad avviare un corso di formazione sulla tratta Roma-Lido. Questo corso è nato dopo un incidente scatenante: un blocco della linea a Piramide nelle prime ore della mattina, con i treni pieni di pendolari e studenti. Durante quell’incindente abbiamo avuto un assalto al personale di stazione. Le persone volvevano sapere, essere infomate su come avrebbero potuto andare al lavoro. Il nostro personale in loco doveva fronteggiare alcune domande fondamentali: che cosa era successo? quando avrebbe ripreso il sevizio? Ci sarebbero state navette sostitutive? Avevano formulari dove potevamo certificare che il servizio era stato sospeso?
Domande dirette e fondamentali a cui il nostro personale era impreparato a rispondere. Eppure tutte domande legittime. Come si risponde? Abbiamo allora avviato un corso di formazione che sarà un corso di formazione pilota con 117 persone in collaborazione con la Lumsa.>>

Con quali obiettivi?
<<Quello che vogliamo affrontare è il passaggio di un profondo cambiamento culturale interno. Non basta avere una comunicazione efficace. O meglio una comunicazione efficace è possibile se fa parte di un cambiamento culturale. Storicamente questa è un’azienda in cui ha prevalso in assoluto una centralità della tecnica, fondata su fondamentali aspetti ingegneristici. Insomma i treni dovevano camminare in tempo e in efficienza. Questa cultura ora deve essere arricchita da aspetti che mettano al centro le persone, i lavoratori come gli utenti. Cambiamento culturale e comunicazione sono molto legati fra di loro e noi vogliamo migliorarci su entrambi.>>


Intervista al comandante dei Vigili del Fuoco della Provincia di Roma Guido Parisi
A cura di Luca Stanchieri e Rita di Iorio.


Comandante Parisi, qual è stato il ruolo dei vigili del fuoco durante l’incidente alla metro?
<<Le prime notizie relative all'incidente nella Metropolitana di Roma hanno fatto temere il peggio poiché le prime testimonianze parlavano di esplosione, per cui abbiamo attivato lo specifico piano di sicurezza .
Superati i primi timori, è stato possibile accertare che non si era trattato di attentato terroristico ma di un incidente tra due treni della Linea A.
I primi soccorsi vengono portati immediatamente da due vigili del fuoco presenti in stazione in servizio di vigilanza antincendio a cui si uniscono altri tre colleghi presenti a bordo dei treni incidentati. Questo primo gruppo di vigili del fuoco, oltre ad adoperarsi per favorire l’esodo di chi è in difficoltà, è in collegamento con le squadre esterne che, a distanza di cinque minuti dall’evento, sono arrivate sul posto, attivate tempestivamente dalla sala operativa di Via Genova. I primi operatori scendono nella stazione, verificando che l’evento non abbia origine dolosa, effettuando una ricognizione del piano banchina e dei treni incidentati, individuando le persone che devono avere priorità di salvataggio; i soccorritori conoscono la strategia di intervento, basata sulla verifica, sul raccordo con il personale sanitario e sulla suddivisione dell’area operativa in specifici settori di intervento, come più volte sperimentato in esercitazioni, effettuate anche nelle stazioni della metropolitana di Subaugusta e Repubblica, oltre che simulate nella scuola di formazione operativa dei vigili del fuoco di Montelibretti nello scorso giugno.
In pochi minuti sulla piazza, tra le forze di pronto intervento, si contano in tutto circa 460 operatori, di cui 150 vigili del fuoco, che lavorano nello scenario con 26 mezzi.
In meno di 40 minuti la banchina della stazione viene completamente sgomberata dai feriti, accompagnati a braccio o trasportati su barelle verso l’area di triage sanitario predisposta al livello dell’atrio, dove vengono selezionati i pazienti da portare con più urgenza al posto medico avanzato, realizzato nella Piazza, da cui si dipartono in modo ininterrotto le ambulanze verso il vicino Ospedale S. Giovanni e gli altri ospedali della capitale.
In questo intervento, i vigili del fuoco traggono in salvo, aiutandole a raggiungere l’area di triage o la piazza esterna, circa 300 persone, di cui 30 traumatizzati che vengono trasportati su barelle rigide, denominate "spinali". All’interno dei treni, i vigili del fuoco estraggono quattro persone impiegando attrezzature da taglio, tra queste vi è l’unica vittima dell’incidente, che verrà rimossa successivamente all’estrazione degli altri feriti, dopo circa un’ora dall’evento.
Da quel momento in poi, l’intervento dei soccorritori ha l’obiettivo prioritario di ripristinare le condizioni di sicurezza della stazione e della linea della metropolitana e di effettuare operazioni di accertamento e di indagine connessi ai compiti di polizia giudiziaria.
Per questo motivo, vengono rimosse le scatole nere dei convogli incidentati, viene eseguita attività di fotodocumentazione e si procede al disincastro dei due treni, che contestualmente vengono rimossi, liberando la linea che ha riaperto il giorno successivo.>>

Come giudica la comunicazione dentro la metropolitana?
<<Il giorno dell’incidente non abbiamo avuto particolari problemi di comunicazione all’interno delle nostre squadre, poiché siamo dotati di speciali apparati che ci consentono di parlare via radio tra il piano banchina e quello superiore nonché con la sala operativa di via Genova.
Ciò è possibile grazie al sistema realizzato dalla direzione della metro con l’installazione di un cavo fessurato e dei ponti radio mobili.
Se ci riferiamo invece all’informazione agli utenti in caso di emergenza, forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più come ad esempio elaborare messaggi codificati da utilizzare in caso di emergenza; si sta facendo qualcosa per il sistema di comunicazione all’interno dei vagoni, ma la comunicazione va migliorata per il piano banchina in caso di emergenza.>>

Come è andato il coordinamento con gli altri enti?
<<C’è stato un buon coordinamento con il 118 ed è andata bene anche la comunicazione con le forze di polizia e la prefettura. Dobbiamo però migliorare nella predisposizione dell’Unità di Comando Locale, unità che funge da primo coordinamento nella situazione di emergenza e che deve essere immediatamente visibile a tutti gli operatori. Ciò consente anche di migliorare la cinturazione dell’area esterna da delimitare in caso di incidente, nonché di fissare degli appuntamenti fissi con i responsabili di settore e con gli enti esterni, per dare le giuste informazioni.>>

Come giudica il comportamento delle persone in situazioni di emergenza?
<<Non posso dire che il comportamento delle persone sia oggi migliore rispetto al passato; forse prima sapevano reagire meglio alle situazioni critiche perché abituati, dotati di maggiore manualità e senso pratico. Oggi i giovani possono trovarsi in maggiore difficoltà poiché hanno buone conoscenze teoriche ma dipendono per gli aspetti concreti molto dal mondo esterno e non sono abituati a prendere decisioni in pochi minuti e sotto stress. Si agitano subito di fronte alle prime difficoltà, abituati ad avere la protezione di qualcuno che decide ed opera a posto loro quando c’è da sporcarsi le mani. In una situazione di emergenza le prime azioni sono fondamentali per il superamento delle criticità, per questo motivo si vuole sottolineare l’importanza dell’autoprotezione, fatta di provvedimenti, anche semplici, che però possono salvare la vita nei primi momenti.>>

Cosa proponete rispetto a questo?
<<Vogliamo favorire sempre più momenti di incontro fra cittadini e la nostra istituzione su come fronteggiare al meglio i momenti di emergenza. Per motivi di prevenzione, ad esempio, è utile avere sempre in casa, in un punto noto a tutti i membri del nucleo familiare, una borsa o meglio uno zainetto contenete alcuni oggetti assai comuni ma di fondamentale importanza in caso di necessità.
Stiamo organizzando con le scuole dei corsi dove oltre a presentare la nostra attività e le nostre attrezzature, simuliamo situazioni incidentali con una prova pratica in cui insegniamo come ci si può proteggere e reagire, ad esempio spengendo un principio di incendio con le poche risorse che abbiamo a disposizione.
Più siamo informati sull’autoprotezione più mitighiamo i rischi, ad esempio in pochi conoscono il Kit minimo di sicurezza in caso di black out: pochi hanno in casa candele o una radio a batteria, perché ci affidiamo totalmente alla rete senza pensare cosa ci potrebbe servire in caso di assenza prolungata di energia elettrica.>>


Intervista alla dottoressa Danila Pennacchi dell’Ospedale San Camillo – Forlanini di Roma del 08\02\2007
A cura di Luca Stanchieri e Vania Venanzi


Ci può parlare dell’importanza di una attenta pianificazione nella realizzazione di un intervento efficace in emergenza?
<<Dall’anno scorso è presente un Coordinamento tra gli Psicologi degli Aziende Ospedaliere sedi di Dea di II livello (nei quali vengono principalmente inviati i feriti in caso di Maxi Emergenza: San Camillo – Forlanini, S. Giovanni, Policlinico, S. Eugenio, CTO, S. Filippo Neri, Gemelli, Bambin Gesù). Tale iniziativa offre al suo interno un’importante opportunità di confronto e uno spazio di approfondimento su modalità d’intervento e aspetti psicologici di particolare rilievo in caso di emergenza. Nato con lo scopo di definire e creare una rete di collegamento tra gli psicologi ospedalieri e la Psicologia del 118, il Coordinamento si è subito rivelato un’ utile risorsa nel favorire la comunicazione e la collaborazione in Emergenza. Le potenzialità di un lavoro ancora agli inizi, sono state già messe in evidenza nella gestione dell’emergenza dell’incidente in Metropolitana. Nonostante ci sia ancora molto da rivedere e revisionare la creazione di una rete ha favorito una migliore comunicazione e ha permesso di attivare risorse non solo nell’immediato, ma anche nel post emergenza.>>

Che cos’ è il PEIMAF?
<<Il PEIMAF è il piano d’emergenza intraospedaliero dell’A.O. San Camillo – Forlanini che si attiva nei casi di massiccio afflusso di feriti, in questo protocollo vengono codificati gli interventi e le operazioni da eseguire per far fronte all’emergenza, seguendo questa linea il centralino provvede ad allertare tutte le figure professionali utili al fronteggiamento dell’emergenza in ospedale, tra queste anche lo psicologo reperibile. Durante l’emergenza della metropolitana "sono stata avvertita circa 20 minuti prima dal 118 grazie al lavoro di coordinamento precedentemente messo a punto tra gli psicologi", ciò ha messo in luce l’importanza di una rete di comunicazione che anche se da perfezionare non tarda a mostrare le sue potenzialità: "cosa importante nelle Maxi emergenze è che non si ha tempo" se le comunicazioni avvengono tempestivamente si riesce ad organizzare e convogliare gli aiuti nei punti di maggior affluenza.>>

Che importanza ha avuto il lavoro di rete?
<<Dopo la chiamata da parte della Psicologa dell’ARES 118, non ancora pianificata da un protocollo specifico, ma avvenuta grazie alla rete di coordinamento, è cominciata l’organizzazione: "Qui sono arrivate meno vittime, l’invio di otto codici verdi ha permesso un intervento individuale su ognuno, tra questi solo per due ho ritenuto opportuno un supporto successivo". La mancanza di un protocollo ufficiale, anche in questo caso, è stata sostituita dall’attivazione della rete che ha permesso di usufruire, grazie all’attivazione della dottoressa Alessandra Ceracchi e della dottoressa Rita Di Iorio, di un servizio di psicologi gratuiti sul territorio nella post emergenza: "La rete ha funzionato dall’inizio alla fine, nonostante gli opportuni aggiustamenti da fare".
Importante sarebbe, inoltre, riuscire a migliorare il supporto nelle zone problematiche: "ho avuto la possibilità di rimanere in contatto con i colleghi con un maggior afflusso di pazienti", da questa esperienza è emersa la necessità di organizzare in maniera precisa gli aiuti: "negli ospedali gli psicologi sono pochi" e parallelamente "sarebbe stato un problema se fossero arrivati psicologi da fuori, perché l’organizzazione ospedaliera non ne permette l’entrata, se non attraverso convenzioni pre-stabilite", al San Giovanni per esempio, un aiuto è stato offerto dal gruppo di sostegno psico-sociale della Croce Rossa che riveste un ruolo istituzionale.
Evidenziare i risultati e insieme sottolineare le molteplici aree da migliorare e sviluppare è contemporaneamente una conferma e un incentivo a fare di più: "siamo ancora all’inizio, c’è ancora molto da fare, ma quello che è accaduto è la dimostrazione che ci stiamo muovendo nella direzione giusta". È importante nella pianificazione, riuscire a trovare con anticipo delle soluzioni a problemi in modo da poter applicare tali provvedimenti in maniera immediata durante l’emergenza.>>

Come è cambiato il modo di vedere l’emergenza dopo l’11 Settembre?
<<L’emergenza come atto terroristico ha convinto a prendere provvedimenti, ha smosso le coscienze ed ha pertanto portato a comprendere l’importanza di prepararsi attraverso formazione continua ed estesa e attraverso simulazioni. Tutto sta ad arrivare alla consapevolezza di prepararsi, prendere coscienza del bisogno di essere pronti come operatori e come istituzione e poi c’è la pianificazione. Nei fatti si dimostra quanto questa preparazione permetta di agire velocemente e con  maggiore competenza e "tranquillità", nel senso di una responsabilità maggiore rispetto al ruolo svolto:"l’assetto del Pronto Soccorso in 15-20 minuti è cambiato radicalmente e "tranquillamente", un protocollo da eseguire e già sperimentato nelle simulazioni permette infatti di agire in maniera efficace e di gestire il carico di emozioni, che necessariamente si accompagna allo scoppio di una maxi emergenza:"sai cosa devi fare, conosci, sei pronto".
Non tutti gli Ospedali hanno però un piano d’emergenza, è vero che "comunque si fa", ma l’obiettivo è "farlo al meglio, sia come operatore che come istituzione". Certamente è impossibile prevedere e codificare tutto, ciò nondimeno vari scenari possono e devono essere previsti.>>

Quali pensi potranno essere gli sviluppi futuri del ruolo dello psicologo nell’emergenza?
<<Fondamentale è l’accoglienza dei bisogni psicologici del paziente: "nel Pronto Soccorso i pazienti spesso sono portatori di un duplice disagio fisico e psicologico" la consapevolezza di ciò, la capacità di riconoscerlo e di accogliere la sofferenza psicologica sono gli scopi dello psicologo in Pronto Soccorso e più in generale in ospedale. Lo sviluppo di queste competenze potrebbe inoltre rappresentare un risvolto formativo per lo psicologo che interviene nelle maxi emergenze.
Per quanto riguarda invece la costituzione di protocolli in grado di codificare le attività di emergenza sta per diventare operativo un "Progetto Europeo che ha come obiettivo l’emanazione di Linee Guida-Raccomandazioni per l’operato dello psicologo nell’ospedale in caso di maxiemergenza", dal confronto con il lavoro in emergenza di diverse realtà Europee si potrebbe arrivare all’estrapolazione di buone pratiche applicabili.>>




 
 
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