L’uomo non è una macchina da addestrare - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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L’uomo non è una macchina da addestrare

Archivio > Aprile 2007 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 1 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

L’uomo non è una macchina da addestrare
La nostra proposta formativa: un modello psicoeducativo per affrontare gli eventi critici
Rita Di Iorio
(Psicoterapeuta, esperto di educazione ai rischi ambientali, Presidente PSIC-AR)

L’incidente alla metropolitrana ha mobilitato, come accade sempre dopo ogni emergenza, riflessioni inerenti l’importanza del fattore umano come causa di incidente. Il fattore umano  considerato non solo come  probabile causa di incidente ma come variabile determinante nella gestione dell’emergenza.
Partendo dall’acquisizione che la sicurezza è determinata da una complessità di variabili , non si può più far finta che basti lavorare solo sugli aspetti tecnico-strutturali per rendere sicuro un sistema. Ogni sistema è gestito dall’uomo e ogni uomo è condizionato non solo dalla sua preparazione tecnica nel settore specifico ma, principalmente, dalle sue carattestiche di personalità, dalle sue emozioni.
Tra tutti i fattori che determinano un incidente o che contribuiscono ad una buona gestione dell’evento critico quello umano è, scientificamente, considerato prioritario.
Dalle interviste riportate si evidenzia, infatti, una consapevolezza che va verso questa direzione, una volontà a non soggiacere più all’evento fatalisticamente ma a cercare le soluzioni per migliorare tutto il sistema della sicurezza, compreso la gestione emotiva dell’emergenza.
Dall’evento critico della metropolitana, sembra che sia nato o sia stato focalizzato meglio un desiderio di riparare il danno e di imparare ad elaborare il trauma collettivo che può essere soddisfatto attraverso l’organizzazione di una formazione più seria, del personale lavorativo e dei cittadini, sugli aspetti socioculturali e psicologici.
E’ importante per portare avanti questo difficile compito di informazione e formazione che non si cada in una concezione meccanicistica dell’individuo. Se il lavoratore, per esempio, non sa gestire un evento critico non basterà solo educarlo su cosa dire e cosa fare,  se non sa come gestire la comunicazione dei rischi ai cittadini non basterà educarlo a cosa dire e come dirlo perchè questo tipo di formazione migliorerà solo le prestazioni e l’efficacia dell’uomo macchina ma non dell’uomo che in caso di emergenza dovrà recuperare tutte le sue capacità emotive per garantire la propria e l’altrui sopravvivenza.
Durante i nostri 25 anni di esperienza nel settore, all’interno dell’Associazione Centro Alfredo Rampi onlus, abbiamo  invece, potuto elaborare una diversa visione dell’uomo , come oggetto da formare. Considerare l’ essere umano come un sistema complesso costituito di cognizioni, emozioni, esperienze , azioni, ci ha portato a formulare una proposta formativa che può essere riassunta come proposta di educazione emotiva ai rischi ambientali. ( Biondo - Di Iorio 2002)
Tale proposta, messa in pratica nella formazione alla protezione civile e alla sicurezza di insegnanti, volontari di protezione civile, psicologi, personale addetto alla sicurezza, dei ragazzi e degli adolescenti nelle scuole, della cittadinanza, prende in considerazione l’analisi e l’acquisizione di strategie per affrontare psicologicamente sentimenti come la paura, la rabbia, il coraggio, la ricerca dell’avventura, la trasgressione, il rapporto con la morte, il rapporto con l’imprevisto e con la perdita che inevitabilmente entrano in gioco nelle situazioni di maxi-emergenza. Secondo tale modello l’impatto degli eventi traumatici sulla mente umana può essere compreso e curato solo se si riesce ad aiutare il soggetto da formare a capire il significato profondo che hanno avuto per lui le esperienze traumatiche e aiutandolo a scoprire le proprie potenzialità per affrontare e superare l’evento critico.
In contemporanea si può lavorare sull’acquisizione degli aspetti emotivi relativi al proprio contesto lavorativo o ambientale, alla gestione del coordinamento del personale di soccorso, all’intervento in caso di emergenza, a migliorare la comunicazione interna ed esterna al contesto lavorativo.
Abbiamo definito tale metodologia "psicopedagogia del rischio ambientale".
Essa abbraccia tutti gli interventi rivolti alla popolazione per renderla capace di fronteggiare sia i grandi eventi calamitosi che gli eventi infortunistici.
Con questa metodologia abbiamo individuato i metodi, gli obiettivi ed i contenuti per la formazione alla protezione civile che dovrebbe ricevere ogni cittadino.
E’ noto che la validità dell'intervento protettivo in emergenza è data non solo dalla capacità psico-comportamentale dei soccorritori di gestire l’emergenza, ma anche dalla capacità di reazione più o meno adeguata di tutta la popolazione colpita nei primissimi momenti d’impatto con l’evento di crisi.
Con la formazione si possono attivare le necessarie sensibilità nei confronti dei problemi del rischio ambientale e di conseguenza attivare una nuova attenzione finalizzata ad eliminare quei fattori di rischio su cui è possibile intervenire e sviluppare le competenze necessarie per fronteggiarli.
Siamo convinti che tutto ciò, se concretamente attuato, potrà permettere il superamento dell’attuale comportamento diffuso della deresponsabilizzazione e della negazione dei rischi ambientali e, potrà permettere all’individuo ed alla comunità di riacquistare fiducia sulla sua possibilità di controllare il rischio dell’ambiente in cui vive non solo a livello razionale e scientifico ma anche a livello comportamentale ed  emotivo.
Le interviste, e la mia esperienza personale, evidenziano quanto i cittadini desiderano ricevere una buona informazione sui rischi che potrebbero coinvolgerli, su cosa fare durante l’emergenza, la necessità di essere continuamente aggiornati e diretti sul comportamento da attuare durante l’ emergenza. I cittadini  non vogliono sentire più mezze notizie, non vogliono silenzi di comunicazione nè messaggi rassicuranti, ma pretendono durante l’emergenza una informazione capillare, una comunicazione chiara continua direttiva.
I sintesi i cittadini desiderano per prima cosa essere considerati persone che hanno il diritto di essere informati e preparati per fronteggiare qualsiasi  rischio possa  coinvolgerli. Nello stesso modo i lavoratori esigono una preparazione psico-comportamentale per affrontare i rischi presenti nell’ambiente lavorativo, come affrontare le emergenze e come elaborare lo stress post- traumatico. I responsabili della sicurezza negli ambienti lavorativi pubblici e privati, i responsabili della sicurezza dei cittadini non possono più celarsi dietro al poco scientifico  principio che parlare di rischio aumenti la paura, ma occuparsi di una seria pianificazione informativa e formativa per aumentare l’autoprotezione sia dei cittadini che degli operatori del soccorso.
Gli approfondimenti su tale formazione, saranno presenti su tutti i numeri della rivista.


 
 
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