Intervento in via Libero Leonardi - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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Intervento in via Libero Leonardi

Archivio > Dicembre 2008 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 6 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

VIA LIBERO LEONARDI
INTERVENTO NELLA PAURA
Luana Proietti
Dottoressa in Psicologia clinica e di comunità, socio PSIC-AR

In seguito all’incendio della palazzina in via Libero Leonardi 30, gli abitanti di questo stabile si sono trovati costretti ad evacuare le loro abitazioni alle due circa, nella notte del 27 ottobre.
Oltre all’attivazione di tutti gli organi che intervengono durante un’emergenza, sempre più si sente la necessità della figura dello psicologo in questi teatri, e infatti, l’ufficio COC (Centro Operativo Comunale), ha attivato il gruppo di PSICAR (la nostra associazione di Psicologi dell’Emergenza Alfredo Rampi) nell’intervento alle persone colpite da questa disgrazia. Non vorrei soffermarmi tanto sulle modalità d’evacuazione e d’intervento del primo soccorso e sulle possibili cause dell’incendio, quanto invece sui compiti e sulle reazioni dello psicologo volontario che si trova chiamato ad intervenire in situazioni d’emergenza.
Il mio approccio a questo evento è iniziato il 28 ottobre, in mattinata, nel momento in cui facevo colazione e apprendevo della notizia al telegiornale. Mentre sorseggiavo il mio caffé, ancora non sapevo che sarei stata coinvolta personalmente in questa disgrazia, che ha toccato circa duecentocinquanta persone. Più tardi mi hanno chiamata dal Centro Alfredo Rampi e mi hanno detto che PSICAR era stata contattata per intervenire.
Ora ognuno di noi doveva fare i conti con le proprie disponibilità emotive e temporali per organizzare la turnazione degli interventi, mentre alcune di noi erano già accorse sul luogo dell’incendio.
Io, non godendo di una grossa disponibilità di permessi dal lavoro, ho preferito saltare le prime turnazioni e dare la mia disponibilità nel weekend.
Intanto si era già attivata una rete di comunicazione telefonica e via internet, che ci permetteva di aggiornarci su ciò che ognuno di noi faceva, per non perdere il continuum del nostro agire.
Arrivato il weekend, visto che i miei colleghi mi avevano già istruito sulla situazione e sul lavoro da svolgere, e inoltre ero affiancata da Gabriella e Vania, due psicologhe senior dell’associazione, mi sentivo più tranquilla rispetto a cosa fare a differenza del momento in cui avevo deciso di dare la mia disponibilità.
Il tipo di intervento da effettuare era di sostegno alle vittime e ai loro familiari. Sul luogo ho potuto osservare che alcune persone, pur notando la presenza dello psicologo, non usufruivano di tale opportunità, forse perché non ne sentivano il bisogno o non si sentivano pronte a parlare. Molte persone, invece, ci cercavano, facendo prevalentemente due richieste: sostegno psicologico per se stessi o per i loro familiari (principalmente bambini e anziani). In entrambi i casi le persone lamentavano problemi simili: difficoltà ad entrare nelle case bruciate per paura o per dolore, difficoltà a rilassarsi e ad addormentarsi, difficoltà di adattamento ad un ambiente diverso quale l’hotel, tristezza, paura per il futuro, senso di perdita dei punti fondamentali di riferimento (casa e nucleo familiare). Molto spesso queste persone si chiedevano per quale motivo fosse capitato proprio a loro, per quale motivo fosse stato appiccato l’incendio e per quanto altro tempo sarebbero dovuti rimanere in hotel, lontani dalle loro case, con il nucleo familiare diviso tra hotel, case di familiari.
Quando ci si trova di fronte a persone che hanno vissuto queste esperienze, nell’immediato, il compito dello Psicologo d’Emergenza è quello di supportare l’Io della vittima cercando di aiutarla a normalizzare le sue reazioni negative, spiegando per esempio che le reazioni sopra descritte, sono semplicemente risposte normali a situazioni straordinarie. Quest’ultimo concetto mi è capitato di metterlo in pratica e ripeterlo più volte, soprattutto quando ho accompagnato una signora con suo marito e sua figlia nel loro appartamento a prendere alcuni vestiti da portare in hotel. La signora ripeteva spesso che non capiva le sue reazioni, che non aveva mai provato ansia in vita sua e che invece, adesso, dalla notte dell’incidente, aveva difficoltà ad addormentarsi. In questo intervento io e la collega, abbiamo fatto un lavoro di ascolto, comprensione e chiarificazione spiegando alla signora che le sue reazioni erano del tutto normali, che non era "strana" lei, come ripeteva spesso, e che parlandone e affrontandole insieme le avrebbe potuto capire meglio. Abbiamo lasciata aperta la possibilità che lei potesse cercarci se ne avesse avvertito l’esigenza. Quando ci siamo salutate la signora ci ha ringraziato, informandoci anche che si sentiva più tranquillizzata. Questo è solo un piccolo racconto di uno dei tanti momenti e delle tante situazioni che abbiamo affrontato nei giorni seguenti all’incendio.


 
 
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