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Infortuni sul lavoro

Archivio > Aprile 2007 > Sicurezza nei luoghi di lavoro

C.I.P. n. 1 - SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

Infortuni sul lavoro
L’ aspetto storico legislativo in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro: lo stato dell’arte in Italia.
Marco Sciarra
(Responsabile del ‘Servizio di Prevenzione e Protezione’ dell’ Università degli Studi di Roma "Tor Vergata")

Da quando i primi provvedimenti normativi hanno avviato il processo di istituzione e regolazione dell’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, numerosi cambiamenti sono intervenuti a modificare lo scenario economico sociale del nostro Paese.
Necessariamente, si è dovuto rinnovare il quadro di riferimento sul quale hanno riposato le originarie concezioni della tutela sociale a garanzia dei lavoratori, nonché la legislazione in materia di sicurezza degli ambienti lavorativi e di indennizzo in caso di incidenti invalidanti.
Dall’unità fino alla metà degli anni ’50, l’Italia si presentava ancora come un Paese sottosviluppato per una miriade ed articolati aspetti.
L’industria mostrava punte avanzate in determinati settori ma rimaneva ancora prevalentemente confinata nelle regioni nord-occidentali con un peso ancora molto relativo sia rispetto al complesso dell’economia nazionale che rispetto al complesso dell’occupazione.
L’agricoltura ha costituito, ancora per un certo numero di anni, il più vasto serbatoio di occupazione assorbendo il 42,2% della popolazione lavorativa (dati del censimento del 1951).
Un mondo rurale dove, tuttavia, iniziavano a manifestarsi movimenti di migrazione di braccianti alla ricerca di lavoro, per lo più nell’edilizia, verso i grandi centri urbani dando il senso dell’inizio di uno straordinario processo di trasformazione.
L’esodo dalle campagne e il boom industriale comportarono degli squilibri sociali e scompensi strutturali.
Lo sfruttamento della manodopera, il lavoro nero, i ritmi produttivi elevatissimi, le condizioni insicure degli ambienti di lavoro, la debolezza delle organizzazioni sindacali e la scarsa tutela dei diritti caratterizzarono il Paese fino ai tardi anni ’60.
Dalla fine degli anni ’60 ad oggi si è assistito ad una riorganizzazione del mondo produttivo.
La trasformazione post-fordista del modello di produzione, lo smagrimento della grande azienda, sia in termini di funzioni che di personale, la tendenza del complesso produttivo alle minori dimensioni, costituiscono ulteriori elementi di novità rispetto al passato che di certo hanno ridotto gli effetti di concentrazione e di massificazione propri della fase taylor- fordista.
Mutamenti profondi che hanno interessato l’organizzazione del lavoro e le tecniche produttive dando luogo a una diversificazione e articolazione delle situazioni e delle esigenze che richiedono nuovi interventi nel campo delle politiche per la tutela della salute, la prevenzione e la sicurezza degli ambienti di lavoro.
Nonostante il numero complessivo degli incidenti sul lavoro abbia conosciuto un progressivo calo (dati INAIL) negli ultimi tre decenni, ogni anno in Italia quasi un milione di persone subisce un incidente sul lavoro con conseguenze di invalidità permanente per oltre 27.000 casi e con esiti mortali per 1300 lavoratori.
In generale, diminuisce il numero degli infortuni ma aumentano i casi mortali tanto da collocare il nostro Paese tra le fila degli Stati del Sud d’Europa; un sud inteso non solo in senso geografico ma in termini di ritardo dello sviluppo sociale e civile.
I dati riportati rappresentano quella tragica realtà che pone il nostro Paese  al primo posto in Europa in fatto di incidenti e vittime nei luoghi di lavoro seguito da altri paesi come la Spagna, il Portogallo e la Grecia.
L’indice di frequenza degli infortuni è al di sopra della media europea (5,5 rispetto al 3,9 ogni 100.000) e, più in generale, ampie sacche di lavoro presentano ancora oggi condizioni di rischi inaccettabili.
Tali aree si individuano nei settori tradizionalmente più a rischio – edilizia, industria metalmeccanica – e in quei comparti produttivi in cui l’innovazione tecnologica, funzionale all’introduzione di dispositivi più sicuri per chi vi opera, stenta a penetrare.
Ogni giorno, infatti, quattro lavoratori italiani perdono la vita a seguito di incidenti sul lavoro. Un dato statistico significativo che ci deve far riflettere!
La deregolamentazione del mercato del lavoro, la flessibilità selvaggia e la precarietà dei contratti, parallelamente all’assenza di organi atti a verificare l’adeguamento degli ambienti di lavoro, hanno determinato le drammatiche percentuali riportate.
Spesso le vittime sono giovani operai sfruttati da imprenditori che, in nome degli alti costi, hanno ritenuto di risparmiare in materia di sicurezza, considerandola un costo aggiuntivo da sostenere e un ostacolo alla competitività della propria azienda.
In attuazione delle direttive comunitarie, riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, in Italia è stato emanato il Decreto legislativo 626/94 che prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro in tutti i settori di attività privati e pubblici.
Una normativa in costante aggiornamento che non va a sostituire ma ad integrarsi con  le disposizioni già in vigore riguardanti la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro; anzi, il richiamo ad esse, all’interno delle norme in discorso, riflette l’esigenza di una costante verifica e monitoraggio su tutti i comportamenti e le procedure necessarie a garantire l’applicazione e il rispetto della legislazione vigente in materia.
L’adeguamento al decreto comporta un coinvolgimento da parte di tutte le forze produttive presenti in azienda, dal datore di lavoro ai preposti, dirigenti, quadri, lavoratori stessi. Peraltro, questa sensibilizzazione a tutto campo rispecchia lo spirito della norma volta ad intervenire ex-ante con l’obiettivo primario di prevenire il verificarsi di possibili incidenti sul lavoro attraverso l’individuazione delle fonti di pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori e l’adozione di tutte le misure e le azioni atte ad eliminare, o ridurre, i rischi di incidenti sul lavoro.
Purtroppo, sia nel settore pubblico che in quello privato, assistiamo ancora ad un’incerta fase transitoria per il raggiungimento dei dovuti standard di sicurezza nel mondo del lavoro. Alla base di questa situazione di mancata messa a regime risiedono motivazioni legate sia alle carenze culturali che a perduranti aspetti economici che intendono, ancor oggi, la sicurezza quale semplice capitolo di spesa ovvero elemento di risparmio che, nella politica gestionale dell’azienda, può collocarla in modo più concorrenziale sul mercato.
La realtà stessa del nostro sistema produttivo, insieme alla rilevanza degli incidenti gravi in settori come l’edilizia, l’agricoltura o nelle piccole aziende, rende indispensabile un forte impegno per radicare la cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Credo che questo debba essere un obiettivo prioritario nell’ambito di una moderna politica per lo sviluppo del Paese, capace di contribuire a spezzare quel circuito che unisce la disponibilità dei lavoratori a svolgere la propria attività fuori dalle regole di sicurezza con la vecchia impostazione dell’imprenditore che considera il rispetto delle misure di sicurezza un costo inutile ed un ostacolo per la competitività.

Sconfiggere questo vecchio modo di lavorare e di fare impresa significa anche costituire le premesse per vincere la logica che giustifica il lavoro nero, privo di ogni tutela, e l’economia sommersa.
Le società moderne hanno bisogno di una nuova politica della prevenzione che concepisca la tutela della vita e dell’integrità fisica del cittadino che lavora non come somma di interventi settoriali ma come espressione di una moderna cultura globale della sicurezza della persona.  


 
 
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