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C.I.P. n. 8 - PROTEZIONE CIVILE E VOLONTARIATO
MARTINA E LA SUA ESPERIENZA DA VOLONTARIA
PENSIERI E SENTIMENTI A QUALCHE ORA DAL TERREMOTO
Martina Stancato
Socio operativo N.O.A.R
E’ mattina presto e il suono del messaggio in arrivo attira la mia attenzione … beh? Chi è a quest’ora? Ah, la mia amica, già sveglia?
"C’è stato un terremoto all’Aquila sto partendo con i cinofili, magari più tardi senti se Simone ha bisogno di qualcosa, dormiva e non so se ha capito che stavo partendo. Mi raccomando stai attenta"….. Accendo la televisione.
Inizia così... un normale lunedì, ti prepari per andare al lavoro con la testa altrove e la concentrazione che sfugge per la preoccupazione che qualcosa possa andare per il verso sbagliato. Penso a quello che eventualmente potrebbe servire.
"Giuseppe, ascolta, c’è stato un terremoto, i primi volontari sono partiti, se chiamano parto anch’io".
"Senti vado via dal lavoro, devo andare alla sala COC parte la colonna mobile, ti chiamo dopo non ho tempo, avvisi tu i clienti?"
La sensazione più forte che mi porto dietro è legata alla corsa, ai ritmi convulsi che mi hanno accompagnata dall’inizio alla fine, alla frenesia trasmessa in ciascuna azione, alla necessità di non riflettere per essere davvero d’aiuto.
Massimo non fa in tempo ad arrivare è tardi e dobbiamo partire tutti insieme. La colonna mobile non può aspettare e non si può raggiungere. "‘Lo aspetti tu, Marco? Partite con la seconda colonna? Io, Fede e Angelo andiamo … quanto ci vuole?"
Poco o tantissimo dipende dai punti di vista, a sufficienza per comprendere appieno la gravità della cosa, polizia che blocca tutti al nostro passaggio, moto e macchine che con le sirene ci fanno strada, strade chiuse per noi aperte. Saremo in grado di gestire quello che ci aspetta? Ho idea di quello che mi aspetta? Ripasso mentalmente tutto: guanti, elmetto, zaino, luce, coltellino, garze... "Ciao, sono io, scusa se ti chiamo, ma ho saputo che sei partita, mia cugina è sotto le macerie della casa degli studenti ti prego, ti prego, se sai ci fai sapere qualcosa?" concentrati …. fasciature, bendaggi …
Sta piovendo, meno male penso, se rimane così la polvere si posa e riusciamo a vedere meglio, a cercare meglio. Siamo arrivati alla caserma della Guardia di Finanza, tutti i mezzi entrano, la pioggia è intensissima, si presentano i coordinatori del Comune di Roma. Che c’è lì in fondo? Le salme esposte... Oddio se proprio devo andare vado, ma per curiosità davvero no, E arriva la grandine … Così no, così è troppo, poveretti.
Siamo assegnati al campo di Rugby San Andrea. Attraversiamo l’Aquila. Intorno a noi c’è solo aria di distruzione.
Gente in strada in pigiama, sporchi, spettinati con le poche cose per le mani, cerotti, bende, graffi e tagli, strade congestionate, forse a piedi si fa prima. Certo sapendo dove andare. Ma dov’è il campo Sant’Andrea? Ci fermiamo al campo sbagliato e arriva la prima scossa. Come sempre mi rimangono impresse delle scene apparentemente senza significato. Una signora rintanata in una panda verde, che non avevo visto, mi urla: un’altra, un’altra!! Hai sentito? - Si ho sentito, stia tranquilla signora si sistemerà tutto. Ma io ci credo?
Il campo di rugby è pieno di fango, non piove più però e si iniziano a montare le tende. Sono piene di gancetti e non sono quelle che conosco, e i volontari sono lenti, 11 in 6 ore per 80 persone e che ci facciamo? Mi dirottano all’entrata.
C’è una fiumana di persone, emergono dal nulla e chiedono se possono entrare; mi spiace il campo non è ancora pronto. C’è un signore con la barba bianca che sta assegnando le tende, ma presto finiscono e lui va via.
"Senta mi può aiutare? Non trovo mio fratello Gianluca, l’ultima volta che l’ho visto stava estraendo la moglie morta dalle macerie, mi aiuti, devo sapere dove sta, magari in un altro campo …. " "‘Stia qui ora chiedo", e prendo tempo, ma a chi chiedo? Faccio parte dell’organizzazione dovrei saperlo io dove può cercare, manca un collegamento radio fra campi … forse in questura? Ma dove lo mando, non posso rimandarlo in giro, ho visto che non si cammina e alcuni di noi sono sparsi per le strade ad impedire alle persone di entrare nelle case pericolanti, a fermare il cammino per semplificare le ricerche dei cinofili che stanno lavorando. Chissà la mia amica.
"Si sieda qui, fra poco facciamo il censimento delle persone nei campi, è inutile girare per il momento " ... le voci e le richieste ti travolgono ... "C’è una signora che si sente male!" ... e ancora... "Dalla parte di sopra è pieno di gente e voi non siete nemmeno passati a vedere" ... e ancora ... "Almeno ci potete dare una coperta?" "Mio figlio ha otto mesi è dalle 3 di ieri che non mangia"....’’Avete delle medicine?"
Le scosse continuano, ad un certo punto mi sembra si stia rannuvolando e ci metto qualche secondo a capire che invece è la polvere che si è alzata dagli spalti che ci viene addosso, un’altra scossa. E’ forte. Penso di mandare un messaggio ai miei finché ho batteria con un po’ di carica per dire che è tutto a posto poi spengo. Alcuni si sdraiano a dormire in terra.
Alle 4,30 di notte ci spostano di campo, arriviamo in un prato a S. Vittorino, dovremmo montare la tenda per noi. Ritrovo Marco e Massimo, troviamo ospitalità in tende di altri volontari. Alle 6 siamo di nuovo pronti. Le tende non ci sono ancora. Siamo sprovvisti di tutto.
Sono addetta a fare il censimento delle persone senza casa che arrivano a San Vittorino. Sono tantissime, ognuno ha una storia da raccontare, un caso personale, ordinate nel disordine aspettano pazientemente di potersi rivolgere a me e sono consapevole che l’unico mio modo di aiutarli è essere efficiente, non farmi trascinare dall’emozione riuscire a ritornare loro la certezza di avere una sistemazione quanto prima e di essere seguiti al meglio:
"‘Mi dica quante persone siete, se ci sono patologie in famiglia delle quali dobbiamo essere a conoscenza, adulti, bambini di quanti anni? Di quanti mesi?’
"Lo sai che la mia casa si è distrutta?" mi dice una piccolina con la faccia graffiata, mentre scrivo su dei fogli (perché non li ho messi nello zaino?) accanto alla mamma che piange … Stai qui con me. (La devo portare dalle psicologhe con gli altri bambini così si distrae...... .meno male che c’è Maria Teresa.)
Posso chiederle di metterci tutti insieme? Possiamo avere delle coperte?
Il mio proposito di inserire un nucleo per tenda fallisce, unisco le famiglie e ancora non basta. Devo chiudere il censimento. Vado a montare. Tanti mi riconoscono: "Signorina si ricorda abbiamo parlato con lei per la tenda"’ "Si, appena disponibile la chiamo, non prima di due ore però".
Una stretta al cuore nel dire loro che di posti per ospitarli sono finiti almeno per il momento.
Dai ragazzi andiamo avanti, montiamo, sbrighiamoci.
"Signora aspetti con la sua famiglia qui fuori è buio e siamo più lenti con la palettatura, la prossima tenda è la sua.".
Battiamo i denti per il freddo, un angelo dei cinofili ci porta delle coperte. (Invio un sms: Portatevi un cambio coperte, salviette umidificate, da mangiare …. omogeinizzati, pannolini..- è lunghissimo altro che zaino.)
Massimo hai sentito il dottore? Ha detto che ti devi riposare, c’è il sole e ti da alla testa, un soccorritore che sta male non aiuta. Fermati un pò.
Marco non ce la faccio più con le tende, apro le brande intanto e prendo fiato.
Ci sono da scaricare le coperte e l’acqua meno male che gli uomini sono forti, Angelo, Fede come Massimo e Marco non si fermano mai.
Ci sono dei signori che non lasciano la casa per paura dei ladri, un signore dorme in macchina con il defibrillatore accanto, vado a vedere se possiamo mettere delle tende sotto le case.
Mario non piangere ora ti faccio vedere a che servono questi vetrini da mettere nelle tende, mi aiuti? Lo sai che io ho 4 fratelli?
Ci sono delle persone speciali e con una dignità, una delicatezza e un rispetto per gli altri, impensato anche nei momenti più duri. Ne ho incontrate tante in questo terremoto.
‘Signorina lei ha una faccia distrutta! Mi dice il signor Tomei’ Non trovate ironico che me lo dica un terremotato?, mi viene da sorridere. Guardo davvero i miei compagni e siamo tutti stanchi, provati.
Comincio a non farcela più, mi rendo conto che il mio contributo inizia ad essere scarso. Non riesco a sollevare le cose, a sentire altri racconti senza commuovermi. Mi rendo conto che ho raggiunto il limite, quando mi chiedono di accompagnare una vecchina dentro la sua casa all’Aquila e chiedo a qualcuno di farlo al posto mio. Anche per me è tempo di tornare. Quanti giorni sono passati? Ho perso il conto. Aspetto il cambio, so i nomi di tutti al campo, li ricordo ancora dopo 6 mesi dal terremoto. Non riesco a parlare quanto vedo la mia amica, Andrea e Cristina che mi vengono dare il cambio a noi tre rimasti. Sogno una doccia, la mia casa, la ripresa della normalità.
Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ma per le persone che sono nel campo siamo ancora all’inizio.