L’incidente di Fiumicino - L’intervento dello psicologo dell’emergenza - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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L’incidente di Fiumicino - L’intervento dello psicologo dell’emergenza

Archivio > Aprile 2008 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 4 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

L'INTERVENTO DELLO PSICOLOGO DELL'EMERGENZA
Il "caso" di Fiumicino
Anna Maria Macciò
(Psicologa-psicoterapeuta Psicologi delle Emergenze Alfredo Rampi, consulente Ministero della Giustizia)

L’ incidente stradale di Fiumicino si è presentato come il primo grande intervento reale di emergenza al quale sono intervenuta. Questo mi ha consentito di verificare "in loco"  quali siano le reazioni umane di fronte ad una situazione di gravissimo chock. Nell'incidente  sono decedute cinque persone fra le quali due bambine rumene di undici e sette anni, anche la loro mamma è venuta meno.
Sono stata allertata dalla responsabile della mia Associazione che a sua volta era stata chiamata dalla responsabile del 118. Sono giunta sul luogo del disastro con la stessa auto tre colleghe insieme.
La scena che si è presentata, come si può immaginare, era un groviglio di auto distrutte, le vittime erano disposte sul ciglio della strada coperte da panni di fortuna, colorati ma sporchi; forse un lenzuolo bianco avrebbe dato più dignità alla morte.
Il silenzio era assoluto, interrotto da grida disperate dei parenti delle vittime, da reazioni di rabbia degli abitanti delle case circostanti, impotenti di fronte a tale disastro, ma disperati perchè già in precedenza si erano verificati altri incidenti.
Erano presenti volontari di Protezione civile, della CRI, la Polizia Stradale e Municipale, i Carabinieri.
Personalmente sono stata avvicinata da un poliziotto che mi ha condotto  verso i familiari delle vittime ed ho accompagnato una signora nel riconoscimento delle bambine rumene e della loro madre, sua carissima amica; chiaramente la signora era sotto chock, all'apparenza distaccata e fredda ma il tremore della voce e delle mani, il suo pallore, comunicavano il suo stato d'animo.
E' stato difficile vedere quei corpi stravolti da una morte violenta  ma la distensione dei volti mi ha comunicato una morte istantanea, un passaggio non percepito dall' "essere oggi" al "non essere". Espletata questa fase, mi sono occupata per il resto del tempo del padre e marito delle vittime. E’ stato molto impegnativo psicologicamente sostenere quest'uomo nel suo dolore, nelle umane reazioni di fronte alla distruzione della propria famiglia. Da parte mia la sola azione che mi è sembrata naturale fare è stargli vicino, dargli un contatto fisico stringendogli le mani, toccarlo sulle spalle stringendole. In quel momento mi è sembrato che soltanto il mio silenzio, interrotto da brevi frasi, potesse essere il mio unico modo di comunicare e rispettare quest'uomo. Un uomo venuto in Italia pieno di speranze nel futuro, bene inserito nella comunità e nel lavoro e trovatosi in pochi attimi con la vita distrutta, i suoi sogni frantumati.
Parlando in un italiano stentato intercalato da dialoghi con se stesso in lingua rumena si disperava e distruggeva, la parola da lui ripetuta in continuazione che ancora riecheggia nella mia mente era "Diccì" ("Perchè?"). Già, perchè tutto questo? L'incoscienza e l'eccessiva velocità, una strada pericolosa, la mancata segnaletica ha fatto tutto ciò.
La mia vicinanza, insieme ad una volontaria di Protezione Civile di Fiumicino, poteva quasi sembrare pressante ma in realtà temevo un gesto improvviso nonchè inconsulto dell'uomo. Accanto a sè aveva due amici rumeni che ci aiutavano nella traduzione di ciò che non potevamo capire; in un raro momento di presenza a se stesso l'uomo ha chiesto di porre dei ceri accanto alle vittime. Noi, dopo avergli fatto promettere che non avrebbe sollevato i panni che ricoprivano le vittime, abbiamo accolto questa sua richiesta rispettando i suoi riti di cristiano ortodosso. Il passaggio dei furgoni della Polizia Mortuaria che l'uomo ha purtroppo visto (fatto che non dovrebbe mai accadere) ha reso tutto più coinvolgente e straziante, ma la nostra postazione era l'unica che impedisse la vista delle vittime sul ciglio della strada.
Sono poi arrivati i parenti che dolorosamente si sono stretti intorno all'uomo e dopo  le nostre raccomandazioni di non lasciare mai solo l'uomo si sono avviati verso la sua casa, il solo luogo dove dare sfogo al suo dolore  più profondo.
Il recupero degli oggetti personali, gli zaini di scuola delle bambine,  sono stati carichi di emozione, gli astucci colorati, i quaderni, per un momento mi hanno riportato ad una personale situazione personale.
Il mio stato d'animo è sempre stato carico di emozioni di varia natura, di sentimenti e pensieri, ma il distacco che dovrebbe essere proprio dello psicologo dell'emergenza mi ha protetta e spero mi abbia permesso di "funzionare in modo sano".


 
 
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