L’incidente alla fermata dello scuolabus di Fiumicino - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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L’incidente alla fermata dello scuolabus di Fiumicino

Archivio > Agosto 2008 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 5 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

L’INCIDENTE ALLA FERMATA DELLO SCUOLABUS DI FIUMICINO
COM’È STATO AFFRONTATO…
MariaTeresa Devito
(Psicologa del lavoro, esperta in psicologia dell’emergenza, segretario di PSIC-AR -psicologi dell’emergenze Centro Alfredo Rampi)

A distanza di 5 mesi dall’incidente di Fiumicino, dove hanno perso la vita due mamme e tre bambine, siamo tornati sul posto per cercare di capire qual è stata la reazione delle persone nei giorni successivi.
Abbiamo chiesto alla Dott.ssa Claudia Ricci, psicologa dell’ASL di Fiumicino, se c’è stato bisogno di qualche intervento di sostegno post emergenza sulla popolazione.
La dottoressa, prima di illustrare la situazione, mostra la richiesta fatta al Direttore del Distretto I in merito all’esigenza di un intervento mirato di tipo sanitario per prevenire il disagio derivante dall’essere stato spettatore, protagonista e altro a seguito dell’incidente. La richiesta ha avuto una risposta favorevole.
L’incontro con la psicologa continua discutendo sulle persone che si sono rivolte all’Asl, per avere un sostegno psicologico.
La prima richiesta di aiuto è arrivata da una mamma, che ha riscontrato problemi con le figlie, amiche delle ragazze decedute nell’incidente. Entrambe le ragazze hanno mostrato di avere difficoltà nel superare la perdita delle compagne. La più piccola delle ragazze, M., ha somatizzato lo stress, non è più riuscita a prendere l’autobus o anche la macchina e ha avuto disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi).
La sorella più grande, D. di 13 anni, continuava a recarsi tutti i giorni sul luogo dell’incidente, dove si è creato una sorta di altarino con fiori e messaggi che le persone continuano a depositare, perché rappresenta un modo per continuare a stare vicino all’amica.
Trascorsi i primi tre mesi da quando sono iniziati i colloqui con le ragazze e con la mamma, la situazione è migliorata. M. non ha più difficoltà ad addormentarsi e la sua paura per le automobili è diminuita, dovuta anche al fatto anche che la scuola è terminata e non c’è stata più l’esigenza di prendere l’autobus. D. non si reca più sul luogo dell’incidente ma, sul consiglio della psicologa, ha trovato un modo diverso per sentire ancora vicina l’amica. La psicologa ci dice che è migliorato anche il rapporto della mamma con entrambe le figlie. Inoltre è stata proprio questa mamma a convincere una sua amica a rivolgersi alla psicologa, in quanto anche la figlia mostrava qualche difficoltà emotiva.
Accanto a questo intervento di tipo individuale, con le tre ragazze, e di famiglia, perché coinvolti anche i genitori, la dottoressa  Ricci parla anche di un intervento a livello di gruppo o di comunità. È stato organizzato un incontro, a tre mesi dall’incidente, dove sono stati invitati i cittadini della zona di Fiumicino. L’incontro voleva essere un momento sia di ricordo delle persone decedute nell’incidente, sia un momento di riflessione e scambio di emozioni, in modo da dare uno stimolo ad altre persone che potevano aver bisogno di un sostegno psicologico.
L’incontro ha avuto un riscontro positivo, dice la dottoressa, perché ha dato l’opportunità di far sentire alle persone che non sono sole nell’affrontare le conseguenze che, un incidente di questo tipo, può lasciare.

Riflessioni: l’impegno e l’interesse che è stato dimostrato per fronteggiare episodi da parte dell’ASL è stato importante. Però quel che è mancato, e in genere manca, è il raccordo tra il sostegno dato alle persone dagli esperti del volontariato, nel momento vivo dell’emergenza, ed il sostegno che viene offerto dopo, da una struttura specializzata.
Il lavoro dello psicologo dell’emergenza, non è solo quello di sostenere le persone in quel circoscritto momento, ma anche quello di incanalarle verso una richiesta di aiuto nel post emergenza come in questa occasione. Lo psicologo dell’emergenza dovrebbe lavorare insieme alle istituzioni che prendono, quando le prendono, in carico le persone che hanno subito un trauma, sviluppando una collaborazione che accompagni la vittima dal momento dell’emergenza alla ripresa. A maggior ragione quando una struttura pubblica non ha all’interno personale psicologico  specializzato a trattare  situazioni postraumatiche.
Nell’intervento sulla zona di Fiumicino questo raccordo è mancato, si è lavorato sullo stesso obiettivo ma in momenti diversi: durante, con gli psicologi dell’emergenza sul luogo e dopo, con psicologi interni alla ASL. Perdendo quindi, il prezioso rapporto instauratosi fra gli psicologi volontari sullo scenario e le vittime dirette e indirette.
L’impegno è quello di creare sinergie fra gli psicologi che in momenti diversi operano con le stesse persone e comunità.


 
 
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