Instabilità dei versanti - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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Instabilità dei versanti

Archivio > Agosto 2008 > Territorio

C.I.P. n. 5 - TERRITORIO

INSTABILITÀ DEI VERSANTI
Giovanni Maria Di Buduo
(Geologo)


EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO


Le terre emerse sono sottoposte ad una continua azione da parte degli agenti esogeni (pioggia, ghiaccio, neve, vento, sbalzi di temperatura) che si traduce nel modellamento del paesaggio: tale evoluzione geomorfologica avviene secondo modalità e tempi che dipendono dalle caratteristiche litologiche, morfologiche e climatiche.
I versanti modellati dagli agenti esogeni sono sottoposti all’azione della gravità che vi induce sollecitazioni di taglio: quando tali sollecitazioni superano la resistenza disponibile si innescano movimenti franosi.

La verifica di stabilità di un versante consiste nell’accertare se lo stato di sollecitazione cui è sottoposto, in modo naturale o in seguito ad una modifica operata dall’uomo (es. costruzione di un invaso artificiale, sbancamento per una strada, realizzazione di un edificio, di una galleria, ecc.) è tale da indurre deformazioni accettabili, senza arrivare alla rottura (cioè alla frana).

Le frane vengono classificate in base al tipo di movimento (crollo, ribaltamento, scorrimento traslativo o rotazionale, colamento, ecc.), al tipo di materiale coinvolto (terreno o roccia) (fig. 1, 2), e allo stato di attività (attiva / quiescente / inattiva); si possono avere frane "semplici" che si muovono secondo un’unica modalità e che coinvolgono un solo tipo di materiale, oppure frane "complesse".



Fig. 1 – Crollo in roccia.


Fig. 2 – Colamenti a Sarno, maggio 1998.


La differenza tra rocce e terreni è basata sul fatto che le prime hanno una coesione per cementazione, una elevata resistenza a compressione e il loro comportamento è dettato fondamentalmente dallo stato di fratturazione, mentre i terreni sono caratterizzati da una resistenza che è funzione dei rapporti geometrici e spaziali delle singole particelle che le costituiscono e dalla presenza o meno di coesione dovuta a legami di natura chimica ed elettrostatica fra le particelle argillose.

I fattori che possono portare ad una frana sono molteplici e si distinguono in due tipi.

Cause  predisponenti  (sono proprie dell’ambiente): tipo di terreni e rocce e loro assetto, andamento topografico e acclività dei versanti, andamento e caratteristiche delle superfici di stratificazione, delle fratture e delle faglie, ecc..
alternanza di strati a diversa permeabilità e resistenza;
Cause  innescanti : disboscamento, precipitazioni intense e prolungate, sollecitazioni transitorie (terremoti, attività vulcanica, esplosioni), azioni antropiche (scavi o costruzioni) ecc..



INTERVENTI


La scelta degli interventi da attuare per stabilizzare un versante è sempre subordinata allo studio del rapporto costi-benefici: l’insieme di interventi più opportuni è quello che garantisce i vantaggi migliori con la spesa minore.

I tipi di intervento possibile sono tre; il primo interviene sulla pericolosità dell’evento, che è funzione di volumi coinvolti e velocità della frana, gli altri due sulla vulnerabilità degli elementi potenzialmente danneggiabili (edifici, infrastrutture, ecc.).

1. STABILIZZAZIONE
Intervento diretto sul versante mirato alla riduzione dell’instabilità.
Qualche esempio.
Per un versante in roccia: rimozione dei massi pericolanti, ancoraggio dei blocchi tramite chiodi e tiranti, cementazione delle porzioni instabili.
Per un versante costituito da terreni (argille / sabbie / ghiaie): modellamento del pendio, miglioramento del drenaggio (per ridurre l’infiltrazione dell’acqua) (fig. 3), prati armati (particolare miscela di sementi tecniche costituite da graminacee non infestanti, che stabilizzano i terreni).



Fig. 3 – Canali e pozzo drenante per migliorare il drenaggio superficiale.



2. PROTEZIONE
Realizzazione di opere di PROTEZIONE degli elementi potenzialmente danneggiabili.
Qualche esempio: gallerie paramassi lungo le strade, reti e barriere (per intercettare, rallentare e pilotare la caduta dei massi) (fig. 4), gabbionate (fig. 5), ecc..



Fig. 4 – Rete paramassi: intercettano i blocchi di roccia che cadono lungo il pendio.


Fig. 5 – Gabbionate: si usano per movimenti superficiali in terreni, possiedono una certa deformabilità, e permettono il passaggio dell’acqua, evitandone l’accumulo nel terreno alle spalle dell’opera.


3. ALLARME
Nel caso che il rapporto costi-benefici sia sfavorevole per i primi 2 interventi, o che una parte degli elementi a rischio sia rimasta esposta si istituisce un sistema di allarme che garantisca un margine di tempo per evacuare le persone in sicurezza.
Il sistema di allarme è collegato ad una serie di strumenti di misurazione della frana, e scatta appena viene superata una certa soglia di movimento.

A seconda delle situazioni si può optare per interventi di diverso tipo: è comune la realizzazione di lavori di miglioramento di stabilità del versante e di opere di protezione.




 
 
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