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Violenze sui luoghi di lavoro

Archivio > Agosto 2008 > Sicurezza nei luoghi di lavoro

C.I.P. n. 5 - SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO

VIOLENZE SUI LUOGHI DI LAVORO
CARATTERI IDENTIFICATIVI DEL MOBBING DA UN PUNTO DI VISTO PSICOLOGICO/GIURIDICO
Gabriella Mosca

(Psicologa di PSIC-AR, esperta in psicologia giuridica e dell’emergenza)


Negli ultimi anni, abbiamo assistito e stiamo assistendo ad una continua evoluzione che, con l’affacciarsi di moderne tecnologie all’interno degli ambienti di lavoro, sta modificando sia i rischi che le patologie professionali. A partire dagli anni Novanta le patologie connesse con la sfera psichica, tra cui il mobbing, stanno acquisendo un ruolo particolarmente rilevante.
Il termine è di origine inglese, deriva dal verbo to mob che significa "assalto di gentaglia o plebaglia". E’ stato mutato dall’etologia, utilizzato dallo studioso Konrad Lorenz per studiare il comportamento di alcuni animali della stessa specie che si coalizzano contro un membro del gruppo per attaccarlo ed escluderlo dalla comunità, fino a portarlo talvolta alla morte.
In generale con la parola mobbing si intende una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro esercitata da parte di colleghi o superiori, attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti.
Leymann definisce il mobbing sul lavoro: "una forma di terrorismo psicologico che implica un atteggiamento ostile e non etico posto in essere in forma sistematica, e non occasionale o episodica, da una o più persone, eminentemente nei confronti di un solo individuo, il quale, a causa del mobbing, viene a trovarsi in una condizione indifesa e fatto oggetto di una serie di iniziative vessatorie e persecutorie. Queste iniziative debbono ricorrere con una determinata frequenza, statisticamente per almeno una volta alla settimana, e nell’arco di un lungo periodo di tempo, statisticamente per almeno sei mesi. A causa dell’alta frequenza e della lunga durata del comportamento ostile, questa forma di maltrattamento determina considerevoli sofferenze mentali, psicosomatiche e sociali. Secondo Ege il mobbing è un fenomeno più pericoloso e lesivo di quanto il termine italiano molestia morale riesca a veicolare, poiché va oltre il livello morale di una persona: investe la sua professionalità, la sua autostima, la sua capacità di relazione, la sua integrità psicofisica e sociale.
Le iniziative di aggressione psicologica comportano per le vittime del mobbing una serie di danni alla salute, il fenomeno infatti, induce grave sofferenza emotiva, la cui durata e gravità possono produrre delle sindromi cliniche permanenti e dei cambiamenti nell’organizzazione della personalità. Sono precoci i segnali di allarme psicosomatico (cefalea, tachicardia, gastroenteralgie, dolori osteoarticolari, mialgie), emozionale (ansia, tensione, disturbi del sonno e dell’umore), comportamentale (anoressia, bulimia, farmacodipendenza). Non è noto tuttavia, in quale percentuale le persone esposte ad una situazione di mobbing svilupperanno disturbi a carico della salute; ciò probabilmente dipende, appunto, dalla durata e dall’intensità degli stimoli.
Non esiste una classificazione univoca degli effetti sulla salute del mobbing, una delle sindromi che colpisce la vittima di mobbing è la sindrome DAP o d’attacchi di panico (con o senza agorafobia): è una sindrome che determina improvvise paure immotivate, con attacchi di panico violentissimi, con sensazione di morte imminente e contemporanea perdita di controllo di se stessi. La conseguenza disastrosa di tale sindrome e che il lavoratore perde totalmente la sua autonomia, cosicché la sindrome risulta fortemente invalidante. Il motivo per cui il mobbizzato viene colpito dalla crisi di panico si spiega con il fatto che, per effetto delle iniziative persecutorie ed emarginanti poste in atto nella sede del lavoro, il mobbizzato inizia a macerarsi, pensa a cosa può aver fatto di male per meritarsi l’emarginazione e pertanto perde il senso dell’autostima e diventa vulnerabilissimo. Leymann (1993) affronta direttamente la questione delle conseguenze di natura medica, o meglio psichiatrica, del mobbing, e spiega come la maggior parte delle vittime rientri a tutti gli effetti nella casistica del PTSD. Questo disturbo nella sua variante cronica, causa variazioni nella personalità; nel caso del mobbing queste variazioni tendono in due direzioni: grave depressione o grave ossessione, a volte entrambi presenti. Il Disturbo Post-Traumatico da stress (PTSD) è una risposta estrema, ad un fattore altamente stressogeno, che comprende un aumento notevole del livello d’ansia e l’evitamento degli stimoli.
La maggior parte degli studi psicologici (Leymann 1996) condotti sul fenomeno, concordano nell’affermare che, per qualificare un’azione come "mobbizzante", è poco rilevante la tipologia del comportamento messo in atto, essenziale è invece la frequenza e la durata del comportamento vessatorio messo in atto (come accennato in precedenza).
[continua in C.I.P. n. 6, dicembre 2008]






 
 
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