Un modello di lavoro psicopedagogico per l’Educazione Stradale di bambini e adolescenti - Conosco Imparo Prevengo

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Un modello di lavoro psicopedagogico per l’Educazione Stradale di bambini e adolescenti

Archivio > Agosto 2012 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 17 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

UN MODELLO DI LAVORO PSICOPEDAGOGICO PER L’EDUCAZIONE STRADALE DI BAMBINI E ADOLESCENTI
Daniele Biondo* e Rita Di Iorio**
*Vicepresidente Centro Alfredo Rampi Onlus.
**Segretario nazionale Centro Alfredo Rampi Onlus.


ragazzi alle prese con l’attraversamento pedonale durante un progetto di educazione stradale del Centro Rampi

Dalla nascita del Centro Alfredo Rampi ci occupiamo di sensibilizzare, formare i cittadini alla prevenzione dei rischi stradali. Infatti già dai primi anni dalla sua costituzione (1981) l’associazione ha realizzato numerose attività psicoeducative nelle scuole romane e della provincia: interventi nelle classi di ogni ordine e grado e nei campeggi estivi; corsi di formazione con gli insegnanti sui temi dell’educazione stradale (la segnaletica per strada, il linguaggio dei personaggi della strada, le regole e i comportamenti da rispettare in strada come pedoni e ciclisti e così via); corsi di formazione con prove teoriche e pratiche per gli adolescenti sull'uso dei ciclomotori. L'adesione già da allora fu immediata e massiccia poiché i nostri interventi non sono mai stati nozionistici, ma svolti con attività ludiche, simulate  ed esercitazioni pratiche. Sono seguite richieste di corsi di formazione da diverse figure professionali che lavorano nell'ambito stradale tra cui la Polizia Municipale di Roma e le associazioni degli istruttori di scuola guida. Tutti i nostri interventi stradali, come i corsi inerenti altri aspetti della prevenzione dei rischi ambientali, li abbiamo svolti sempre in collaborazione con diversi Enti pubblici e scientifici (l'Istituto Superiore di Sanità, le Facoltà di Sociolinguistica e d’Ingegneria dei trasporti dell’Università "La Sapienza" di Roma).   
Già dalle prime esperienze abbiamo ideato un modello di intervento che è andato   arricchendosi  sempre più con le sperimentazionI successive. L’attività culturale e scientifica che abbiamo realizzato in questo campo ha trovato molte occasioni di pubblicazione (vedi bibliografia), permettendoci nel tempo di elaborare un modello originale di lavoro. Tale modello è stato denominato
Psicopedagogia del rischio ambientale, di cui l’educazione stradale rappresenta una branchia.
Tale modello  è frutto di un’impostazione globale al problema per:

  • superare l’idea di "materia", con l’inevitabile aspetto nozionistico che essa contiene;

  • agganciare la tematica dell’educazione stradale all’educazione alla legalità e alla salute con particolare riferimento all’educazione affettiva;

  • acquisire un rapporto positivo con il proprio corpo, con l’ambiente e con le regole della convivenza civile, con se stessi e con il gruppo di pari;

  • coinvolgere, accanto alla scuola, altri soggetti a cui affidare la co-titolarità dell’educazione stradale.


Gli interventi che si basano sulle tradizionali metodologie di educazione stradale (e cioè apprendimento nozionistico del codice della strada; esercitazione alla guida del mezzo; informazioni su norme di comportamento, rischi più frequenti, statistiche degli incidenti) risultano nella maggioranza dei casi ininfluenti sul comportamento dei bambini e degli adolescenti ed in alcuni casi anche controproducenti.
Per raggiungere buoni risultati l’educazione stradale deve essere realizzata utilizzando un metodo:

  • che attivi tutte le risorse interne del ragazzo;

  • che sia centrato sul gruppo dei pari (gruppo classe, gruppo di quartiere, gruppo scout ecc.);

  • che permetta di fare ricerca ambientale, intesa come esplorazione dell’esperienza ambientale del gruppo di adolescenti coinvolti;

  • che permetta di esplorare la percezione del rischio che hanno i ragazzi;

  • che permetta di esplorare le motivazioni al rischio del gruppo dei ragazzi coinvolti, attivando un processo di consapevolezza su di loro;

  • che preveda momenti di gioco, di fantasia e di creatività;

  • che permetta al ragazzo di verificare sul "campo", attraverso un’esperienza concreta di guida, l’esplorazione e l’osservazione dell’ambiente, le conoscenze apprese;

  • che mobiliti il gruppo attraverso il dibattito, costringendolo a prendere posizione, a schierarsi sul rischio accettabile e sul rischio inutile.




Il frutto di un lavoro di un gruppo-classe


OBIETTIVI EDUCATIVI

  • Incrementare le competenze specifiche dei ragazzi per l’uso corretto del motorino;

  • a livello affettivo (fiducia nell’autonomia, consapevolezza delle motivazioni al rischio, sviluppo della sicurezza personale, fiducia nel rapporto con gli adulti,ecc.)

  • a livello psicomotorio (sviluppo delle capacità autoprotettive relative ai comportamenti di guida prudente ed alla capacità di affrontare l’emergenza,sviluppo delle capacità motorie necessarie per l’uso del mezzo).

  • A livello sociale (responsabilizzazione nei confronti di se stessi, degli altri e dell’ambiente,acquisizione di un rapporto corretto con le norme ed i codici, sviluppo dell’uso corretto dello " spazio città)

  • a livello cognitivo (permettere ai bambini e agli adolescenti di acquisire una mentalità scientifica e razionale nei con fronti degli incidenti stradali, acquisizione della conoscenza del codice stradale, sviluppo dei processi di mentalizzazione dell’ambiente attraverso la sua esplorazione e mappatura).

  • Realizzare con i ragazzi un Patto Sul Rischio Accettabile (vedi su questo numero l’articolo che illustra lo specifico metodo creato da Daniele Biondo), che promuove l’intesa, l’accordo fra generazioni, per il controllo del rischio.




Educazione psicomotoria per prepararsi ad affrontare al meglio la strada


La  PSICOPEDAGOGIA DEL RISCHIO STRADALE

La Psicopedagogia del rischio stradale propone una sintesi dei contributi dell’educazione ambientale, della ricerca psicologica nel campo della percezione, della psicologia evolutiva (con particolare riferimento al ruolo dell’ambiente nella costruzione della personalità dell’individuo) e ultimamente dei contributi dell’urbanistica con particolare riferimento alla progettazione partecipata.
Il metodo psicopedagogico del rischio stradale del Centro Alfredo Rampi Onlus  è fondato sui principi della "Psicopedagogia del Rischio Ambientale" (Biondo, Di Iorio, 2001) che con gli adolescenti prevede una strategia differenziata caratterizzata da diverse tipologie d’intervento preventivo: il gruppo classe come risorsa per la prevenzione (all’interno delle scuole medie superiori); i corsi di guida sicura del motorino per l’addestramento dei primoadolescenti per sviluppare le loro  capacità autoprotettive  sul motorino; il centro di aggregazione giovanile per la mitigazione del rischio città; il coinvolgimento di tutti i ragazzi degli istituti di scuola media superiore nel Progetto scuola sicura; e la promozione del volontariato giovanile territoriale.



L’esplorazione del quartiere

Tutti questi interventi sono uniti dallo stesso orientamento culturale sul tema del rischio in adolescenza che riconosce agli adolescenti il bisogno di fare esperienze rischiose perché tale bisogno  rappresenta un "banco di prova del novello funzionamento autonomo dell’Io". Di conseguenza occorre aiutare gli adolescenti a distinguere le esperienze di rischio, che favoriscono il processo di maturazione, dalle loro varianti patologiche, che lo bloccano. Per fare ciò non è sufficiente coinvolgerli episodicamente in interventi scolastici di "educazione alla salute", ma occorre in un percorso di crescita individuale e sociale che li traghetti da esperienze di "branco" al limite della legalità dove la ricerca del rischio viene teorizzata ed estremizzata ad esperienze di "gruppo" in cui l'esperienza del rischio può essere mitigata, controllata e spogliata degli elementi ribellistici e distruttivi che può contenere.


Il quartiere ideale nel disegno di un alunno





Bibliografia

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