“Assente per motivi di paura” - Conosco Imparo Prevengo

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“Assente per motivi di paura”

Archivio > Agosto 2012 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 17 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE
"ASSENTE PER MOTIVI DI PAURA"
Intervento psicologico nelle scuole di Brindisi in seguito alla strage del 19 maggio 2012
Michele Grano* e Federico Galli**

*Psicologo dell’educazione e dell’età evolutiva, socio PSIC-AR.
**Psicologo Clinico e di Comunità, socio PSIC-AR.

Tra il 23 e il 26 maggio 2012 abbiamo realizzato un intervento psicologico nella scuola Media Pacuvio-Don Bosco (nella sede centrale, sita di fronte all’Istituto Morvillo-Falcone, e in due succursali) e nella Scuola Media Aldo Moro di Mesagne, incontrando circa 700 alunni, 300 genitori e 100 insegnanti. Il lavoro è stato realizzato in rete con Save the Children, che ha curato gli aspetti operativi e i rapporti istituzionali, e la cooperativa locale Solidarietà e Rinnovamento, preziosa per la continuità dell’intervento sul territorio. Dal 3 al 6 giugno abbiamo realizzato altri incontri di rilancio del percorso e follow-up.


Fig.1: Un momento di un incontro con i ragazzi di Brindisi

Catastrofi e violenze, specie se causate da azioni dell’uomo, possono avere effetti destabilizzanti sulla vita psichica e relazionale delle persone direttamente o indirettamente coinvolte. Da questo punto di vista, l’attentato di Brindisi rappresenta un evento di gravità enorme e inaudita. La violenza perpetrata dalla mano dell’uomo attacca profondamente la fiducia che ciascuno ripone nell’altro, diffondendo panico, sfiducia, impotenza, in misura maggiore rispetto alle gravi calamità naturali. Il terrore, come un fantasma senza volto, può diffondersi capillarmente e raggiungere gli animi di molti, inviando un tetro messaggio di rassegnazione e chiusura. Tale messaggio è ancora più dilagante quando la violenza è agita contro giovani vite innocenti in un contesto considerato sicuro e di crescita come la scuola, dove «si dovrebbe morire solo di noia», come recita uno slogan coniato da uno studente brindisino.
In particolare, bambini e ragazzi possono vivere reazioni intense a causa dell’instabilità creata da eventi tanto minacciosi e dalle raffiche di notizie cui sono esposti. Nelle scuole di Brindisi che ci hanno contattato, nei giorni successivi all’attentato si è verificato un drastico aumento delle assenze. Un’alunna ha scritto come giustificazione: «Assente per motivi di paura». La paura è il sentimento che si respira nell’aria, la paura nera che ha perso il suo valore adattivo per trasformarsi in panico, angoscia, terrore. «L’assassino potrebbe essere chiunque… e potrebbe colpire in qualsiasi momento» dice un genitore. All’improvviso gesti quotidiani come uscire di casa, avvicinarsi a un cassonetto lungo il marciapiede, fermarsi a chiacchierare davanti alla scuola, diventano spaventosi e impossibili.
La morte di una giovane ragazza sconvolge un’intera comunità e tocca in modo particolare i giovani che forse per la prima volta sperimentano, in modo brusco e traumatico, che si può morire anche in giovane età. Molti dei ragazzi incontrati, inoltre, erano presenti al momento della strage, hanno incontrato l’orrore da vicino, nelle immagini, nei suoni, negli odori della tragedia.
Spesso nelle situazioni emergenziali ragazzi e adolescenti devono confrontarsi con una duplice criticità: da una parte la difficoltà nell’avvicinare sentimenti e pensieri dolorosi legati alla morte, alla distruzione, alla catastrofe, dall’altra l’incapacità del mondo adulto di riconoscere ed accogliere i loro vissuti permettendone la comprensione e l’espressione.
L’intervento psicologico immediato in tali contesti aiuta a evitare l’insorgenza di conseguenze post-traumatiche più gravi, instaurando fin da subito legami di fiducia che offrano alle vittime l’opportunità di iniziare processi di elaborazione dell’esperienza.
Alla luce di ciò, il nostro intervento è stato orientato al raggiungimento di alcuni obiettivi:

  • normalizzazione e socializzazione dei vissuti connessi all’attentato;

  • comunicazione affettiva, in particolare mediante attività espressive;

  • individuazione e promozione di risorse personali e sociali.

Attraverso tali azioni intendevamo promuovere finalità più a lungo termine:

  • riaccendere la fiducia negli altri e la speranza nel futuro;

  • incoraggiare percorsi di resilienza individuale e collettiva.



Fig.2: Intervento nella scuola media di Mesagne

L’intervento nelle scuole. Ogni incontro con i ragazzi inizia con la proposta di un patto, che prevede il rispetto dei sentimenti e delle idee di tutti, la riservatezza sui contenuti emersi e la responsabilità verso il gruppo. Chiedere ai ragazzi un patto di fiducia verso il gruppo e nei nostri confronti, estranei incontrati per la prima volta, rappresenta un primo passo concreto per il conseguimento degli obiettivi proposti.
Dalle prime testimonianze emergono contenuti forti, che indicano caos interiore, irrequietezza, tensione. «Dopo lo scoppio ho visto un fumo bianco e sentivo tantissime urla; avevo il cuore in gola ed ero come paralizzata, le gambe non riuscivano a muoversi» racconta una ragazza.
Per iniziare a ricollegare i pezzi del puzzle, ci serviamo di una storia interattiva, raccontata a più riprese. L’utilizzo della narrazione in emergenza consente di avvicinare le aree più dolorose in maniera protetta e mediata. Suggeriamo l’utilizzo di storie con uno schema semplice, che prevedano un inizio, una "rottura" (un "blocco", una "ferita", un "capovolgimento") dell’ordine iniziale, un finale che – senza negare l’impatto della "ferita" – rappresenti una soluzione per ricucire, trasformare, ripartire. La storia può essere costruita con l’apporto dei ragazzi, cogliendo i loro spunti per renderla  sempre più viva e adeguata alle esigenze di volta in volta nuove.
La nostra storia parla di un treno che viaggia verso il futuro, alimentato da "mattoncini" di carbone che sono sogni, desideri, emozioni. L’improvviso scoppio di una bomba fa bloccare il treno. Dalla canna fumaria non esce più vapore e il treno rischia di scoppiare o fermarsi per sempre. L’immagine ci aiuta a trasmettere l’importanza di comprendere e tirar fuori ciò che agita dentro.
La metafora favorisce un contatto più profondo con i vissuti legati all’evento. I ragazzi riescono ad avvicinare e raccontare le loro reazioni di paura, rabbia, sentimenti di odio, rancore, vendetta nei confronti dei responsabili. Una ragazza afferma: «Io non ero presente al momento dello scoppio, perché ero in gita, ma ora ho paura a passare vicino ai cassonetti». Un compagno dice con veemenza: «Secondo me li dovrebbero ammazzare come hanno fatto con Melissa».
Affrontiamo questi sentimenti, cercando di trasmettere la loro normalità rispetto all’eccezionalità dell’accaduto. Sentire che possono concedersi la paura, sentire che la rabbia e perfino l’odio possono essere accettati in questa fase colpisce e rassicura i ragazzi. Soltanto alla luce di ciò si può arrivare a riflettere, successivamente, sull’inutilità della vendetta, che ci mette sullo stesso piano – animalesco, infame, ignobile – degli assassini, non portando a nessuna reale soluzione.
La normalizzazione e la socializzazione di tali vissuti aiutano i ragazzi a comprendere che si può parlare di argomenti duri con persone disposte ad accogliere i propri vissuti; che non si è soli a provarli; che ci si può aprire agli altri e farsi aiutare a portare pesi altrimenti insostenibili; che è possibile vivere emozioni forti, pensieri negativi, domande cruciali, condotte inusuali (pianto, aggressività, regressioni, insonnia, incubi, flashback dell’evento), sentirsi confusi o non provare niente, senza vergognarsi o spaventarsi. Il problema non è vivere tali reazioni, semmai trovare un modo adeguato per esprimerle e trasformarle: le forti emozioni legate alla catastrofe sono reazioni che devono poter essere espresse, anche attraverso una serie di attività ludico-espressive (come ad esempio il disegno o la scrittura). Il processo di espressione emotiva è fondamentale, in quanto riconoscendo tali vissuti ed esprimendoli è possibile depotenziare la loro intensità e distruttività.
A questo punto chiediamo ai ragazzi di scattare una "foto" dal finestrino del treno, un finestrino magico che permette di vedere sia fuori che dentro: ciascuno può prendere i colori che vuole per liberare su un foglio i vissuti emersi finora. I ragazzi realizzano diverse creazioni: disegni, simboli, frasi, parole, fogli strappati o lasciati in bianco. L’attività espressiva ha una grande valenza poiché permette di incanalare il bagaglio emotivo potenzialmente esplosivo in un contenitore, e di comunicarlo in una forma liberatoria e funzionale, mediata dal pensiero e condivisa dalla mente gruppale. Il disegno è una forma di espressione e comunicazione unica, che consente di contattare sentimenti profondi, di dar loro un ordine e un significato, di raccontarli in maniera adeguata e trovare indicazioni su come iniziare a elaborarli e risolverli; il gruppo aiuta a chiarire idee ed emozioni, rendendo meno pesanti l’ansia e la tensione accumulate.


Fig. 3: Il mondo capovolto in seguito al trauma, nel disegno di un ragazzo di Brindisi.


Fig.4: I vissuti emotivi legati alla strage, un incendio che divampa

L’esperienza ha valore catartico per i ragazzi e il clima del gruppo torna più leggero. Mostriamo alcune delle "foto" più toccanti per testimoniare l’importanza di liberare sul foglio i propri vissuti; altri lavori incentrati su sentimenti di unione, solidarietà, ripresa, coraggio, sono valorizzati per individuare insieme a loro i "mattoncini" per far ripartire il treno: le capacità riconosciute a livello personale (scoperte spesso proprio nelle difficoltà), la forza che deriva dall’appartenenza a un gruppo, la possibilità di farsi aiutare nell’immediato e qualora i problemi sembrino più duraturi.


Fig. 5: Un po’ di "carburante per ripartire"

Per un finale che valorizzi l’importanza del gruppo, chiediamo ai ragazzi di abbracciare i compagni al loro fianco: con il contributo di tutti si può formare una catena che risulta più salda del singolo anello. «Ci voleva proprio una giornata così» urla L., un ragazzo che nel corso dell’incontro ci era parso molto agitato. L’applauso spontaneo e liberatorio che ogni gruppo ci dona, alla fine del viaggio, è un abbraccio che coinvolge, stupisce, commuove.


Fig.6: il momento conclusivo di un incontro

Il lavoro con gli adulti. L’intervento è rivolto anche agli insegnanti e ai genitori. Tale approccio di comunità in emergenza è necessario per coinvolgere l’intero sistema, mettere in relazione i vissuti di tutti, pensare strade di elaborazione collettiva del trauma. Anche gli incontri con gli adulti sono volti a condividere e normalizzare sentimenti e pensieri, a connetterli con quelli dei figli e a fornire suggerimenti per la gestione emotiva e comportamentale dell’evento, a livello personale e familiare. Raccogliamo le loro preoccupazioni e lavoriamo sulla difficile accettazione dello stato di vittime. I grandi hanno l’occasione di riflettere su come le reazioni dei ragazzi siano simili alle loro. La ferita dell’attentato ha colpito la loro parte bambina, quella più indifesa, ma al contempo creativa e resiliente, che va ascoltata e integrata per dialogare emotivamente con i ragazzi. A fronte di ciò, li invitiamo ad accogliere con minor ansia i loro vissuti, non temendo di condividerli, per trovare insieme forme di espressione e ripresa. La comunicazione affettiva può essere difficile e faticosa, ma è l’unica via che può aiutare a ripartire, generando processi educativi creativi e liberatori sia per gli adulti che per i ragazzi. Solo a partire da questo ponte emotivo è possibile iniziare a ricucire le ferite e incoraggiare l’individuazione delle risorse.

QUALCHE SUGGERIMENTO PER RIPARTIRE

  • È ora di spegnere la TV: le news che ci riguardano attirano, ma è meglio evitare la sovraesposizione ai media (contribuisce a diffondere ansia e dubbi, rischia di "passivizzarci" e compromette il dialogo).

  • Chiarezza della comunicazione: la sincerità che si trasmette consente di mantenere la fiducia nell’altro, riuscendo a sentirsi protetti al di là di tutto.

  • Essere disponibili, esserci, offrire sostegno e fiducia, rassicurare col verbale e il non verbale.

  • Mostrare rispetto per le emozioni proprie e altrui.

  • Normalizzare (non sdrammatizzare) le reazioni emotive.

  • Accettare eventuali regressioni (sono passeggere, legate all’emergenza).

  • Promuovere le risorse e le potenzialità di ripresa senza forzare i tempi.





 
 
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