Sullo scenario di un incidente stradale - Conosco Imparo Prevengo

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Sullo scenario di un incidente stradale

Archivio > Dicembre 2012 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 18 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

Sullo scenario di un incidente stradale
Soccorso psicosociale
Maria Teresa Devito
Psicologa del Lavoro e Psicologa dell’emergenza PSIC-AR (Psicologi dell’emergenza Alfredo Rampi)

L’intervento psicosociale nelle emergenze stradali, più che negli altri interventi in emergenza, presenta la caratteristica che deve essere svolto in tempo breve. Questo comporta la necessità di avere un vasto numero di soccorritori disponibili a recarsi sul luogo dal momento dell’attivazione in tempo rapido. L’intervento degli psicologi dell’emergenza viene richiesto, infatti, quando la gestione dell’incidente stradale ( o ferroviario) richiede almeno due o tre ore per essere risolta e quando lo scenario si presenta drammatico con possibile presenza di morti (vedi gli articoli sull’intervento psicosociale a seguito dell’incidente di Fiumicino su CIP n.4 – aprile 2008, e Psicosoccorso, dall’incidente stradale al terremoto, Di Iorio-Biondo, Magi, 2011).
Sullo scenario viene generalmente effettuato un intervento psicologico sulle vittime sopravvissute e sui parenti sopraggiunti. In situazioni particolarmente drammatiche (che vedono coinvolti bambini) è probabile che sia necessario un sostegno psicologico anche ad alcuni operatori predisposti al soccorso (volontari, forze dell’ordine, ecc.). Gli aspetti culturali e religiosi del contesto e delle vittime sono necessari per "orientare" lo psicologo nei primi momenti di intervento, perché utili a capire quanto e come ci si può avvicinare all’area personale degli individui che deve soccorrere.

Nel momento in cui scatta un’emergenza, in questo caso legata ad un contesto stradale, possiamo individuare delle fasi, che possono essere utili avere ben chiare, per poter "organizzare" in modo ottimale l’intervento di supporto psicosociale o psicologico.
Qui di seguito illustreremo brevemente le cinque fasi principali.


FASE delle ATTESE DISILLUSE

Al momento dell’arrivo di una chiamata di attivazione per un’emergenza, che solitamente non permette di avere sufficienti e chiare informazioni sullo scenario, scatta nella mente dello psicologo una costruzione immaginaria della scena che ci si aspetta di trovare. Ciò permette di placare l’ansia che caratterizza i momenti precedenti l’intervento.
L’arrivo sullo scenario costituisce il momento di verifica di questa costruzione immaginaria che viene "disillusa", distrutta. Ci si trova davanti un contesto completamente diverso da quello costruito nelle mente dello psicologo durante il viaggio che lo porta sul luogo dell’evento.
Davanti a tale momento, che può creare una sorta di disorientamento, alcune domande possono aiutarci a riorganizzare la nostra mente: chi sono? cosa faccio qui? da dove inizio?


FASE DELLA LOCALIZZAZIONE

Dopo aver risposto alle domande precedentemente postesi, lo psicologo inizia ad analizzare lo scenario e ad individuare le figure istituzionali e di riferimento presenti sul luogo dell’evento; queste possono essere o quelle che hanno attivato l’intervento dello psicologo, oppure, tutte le altre forze preposte al coordinamento dei soccorsi. Tale fase permette di recuperare le informazioni sulla dinamica dell'evento, sulle persone coinvolte e sulle persone che hanno necessità di un supporto psicosociale o psicologico.
Le domande utili da porsi in questa fase sono:  "A chi devo presentarmi prima di iniziare ad intervenire sullo scenario?"; "A chi chiedere informazioni utili e dettagliate per organizzare l'intervento psicosociale?"; "Come organizzare l'intervento con i colleghi (fase triage e divisione degli interventi)?".


FASE DELLA CORAZZA

Questa è la fase centrale dell'intervento sulle vittime coinvolte nello scenario, direttamente o indirettamente. In questo caso lo psicologo dell'emergenza deve indossare, per tutto il tempo dell'intervento, una corazza/difesa atta a proteggere dal carico emotivo per essere stati catapultati, direttamente ed in poco tempo, su uno scenario drammatico e caotico. In questa fase si aiuta la vittima a costruire una propria difesa psicologica che possa permetterle di riorganizzare una funzionalità emotiva necessaria ad affrontare la situazione in cui è stato all’improvviso catapultato.
In questa fase è necessario che lo psicologo ricordi di tenersi in contatto, visivo ed organizzativo, con il/o i colleghi sul posto. Questo da un lato per far sì che il soccorritore non si senta solo in mezzo al caos emotivo delle vittime e dall'altro per ricostruire o rimettere assieme gli elementi organizzativi comuni per continuare ad intervenire sullo scenario.
Domande utili da porsi in questa fase per orientare l’intervento sono: "Quando è il momento giusto per avvicinarmi alla vittima e come?"; "Sono pronto ad essere anche respinto dalla vittima?"; "Quali risorse individuali o presenti nello scenario posso utilizzare per avvicinarmi comunque alla vittima?"; "Come trovare spazio per rilevare eventuali richieste di sostegno psicosociale anche da parte di altri soccorritori?".


FASE DEL RIASSETTO

Questo è il momento in cui si percepisce che l’intervento deve andare verso una chiusura, per ciò che è possibile fare sul luogo dello scenario. È il momento in cui lo psicologo, insieme agli altri colleghi presenti, attiva un rapido resoconto sulla tipologia d'intervento, sulle vittime che devono essere preparate al rientro a casa ed eventuale ricostruzione dei nuclei familiari. È importante che, in questa fase, lo psicologo ricordi che questo potrebbe essere il momento giusto per iniziare a dare spazio alle richieste dirette o indirette di sostegno da parte delle altri componenti  delle forze del soccorso presenti sullo scenario.
Domande utili in questa fase, per organizzare la fine dell’intervento, sono: "Chi ha bisogno di essere inviato ai servizi del territorio per continuare il sostegno ricevuto in questo momento?"; "Come restare eventualmente in contatto con le vittime soccorse?"; "Cosa mi sta comunicando un altro soccorritore attraverso richieste che possono apparire "banali"?"; "A chi comunicare la fine del nostro intervento?"; "Come trovare uno spazio per un defusing con gli altri colleghi?".


FASE DEL RITORNO A CASA

Questa fase caratterizza il passaggio dalla fine dell’intervento sullo scenario ed il rientro dello psicologo a casa. Si ripercorre a ritroso il viaggio di andata che ha portato lo psicologo sullo scenario. È il momento in cui nella mente si verificano flash che riportano sullo scenario e si fanno i conti con le proprie emozioni. Si dissolve quella "corazza" indossata prima di intervenire e si resta nudi insieme alle emozioni che ci sono comunque rimaste addosso. Per lo psicologo è importante ricordare che in questa fase non si è da soli, ma si ha a disposizione l’ascolto del referente del proprio gruppo, non intervenuto sul posto, e quindi capace di farci elaborare, attraverso anche la comunicazione del resoconto tecnico dell’intervento, il vissuto legato a quell’evento. È la fase che deve concludersi con l’individuazione di un momento dedicato ad un debriefing successivo, da realizzare in tempi brevi.
Domande che possono caratterizzare tale fase sono: "Ho fatto tutto ciò che era possibile?"; "Ho dato ascolto a tutte le richieste di aiuto?"; "Ho dato spazio a me stesso?".
Per approfondimenti e maggiori informazioni in merito alle emergenze stradali, consultare gli articoli precedentemente pubblicati su CIP n.5, (agosto 2008) nella sezione di Psicologia dell’Emergenza e sui testi "Psicosoccorso, dall'incidente stradale al terremoto" a cura di Rita Di Iorio e Daniele Biondo - Edizioni Magi e "Sopravvivere alle Emergenze, Gestire i sentimenti negativi legati alle catastrofi ambientali e civili" di Rita Di Iorio e Daniele Biondo - Edizioni Magi.



 
 
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