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FRANE E SAN BONAVENTURA

Archivio > Aprile2015 > Territorio

C.I.P. n. 25 - TERRITORIO

FRANE E SAN BONAVENTURA
di Giovanni Maria Di Buduo*, Tommaso Ponziani**

*Responsabile scientifico Museo Geologico e delle Frane
**Direttore Museo Geologico e delle Frane


Le vicissitudini della casa natale di San Bonaventura a Civita di Bagnoregio rappresentano un palese e triste esempio di come i fenomeni di instabilità dei versanti, se non adeguatamente studiati, monitorati e stabilizzati, possano nel corso del tempo portare alla perdita parziale o totale di beni unici di straordinaria importanza storica e culturale.


Figura 1 – S. Bonaventura nel dipinto di Paolo Morando detto Cavazzola (1486-1522); Verona, Museo di Castelvecchio.


LE FRANE A CIVITA DI BAGNOREGIO

La rupe di Civita di Bagnoregio è sottoposta da migliaia di anni a continui crolli che ne hanno ridotto progressivamente l’originaria estensione (CIP n. 16 – "Civita di Bagnoregio"); i depositi vulcanici su cui sorge il paese sono percorsi da fratture che si intersecano tra loro, individuando dei prismi di roccia di grandezza molto variabile potenzialmente instabili.
La presenza, la propagazione e l’ampliamento delle fratture sono dovuti a molti fattori:
il raffreddamento del deposito da flusso piroclastico di oltre 300 mila anni fa che costituisce la sommità del rilievo;
lo scarico tensionale laterale dovuto all’erosione;
la deformazione delle argille sottostanti (le vulcaniti sono molto più rigide e quindi si fratturano mentre le argille si deformano) e il loro frequente colare verso valle che induce lo scalzamento alla base della scarpata;
l’azione delle radici delle piante;
il termoclastismo (disgregazione della roccia dovuta al susseguirsi di dilatazione e contrazione causate dalle variazioni di temperatura);
crioclastismo (disgregazione della roccia dovuta ai cicli di gelo-disgelo)
l’infiltrazione d’acqua che da un lato fa aumentare lo sforzo agente col proprio peso e dall’altro, generando l’alterazione chimica e fisica delle discontinuità, ne diminuisce la resistenza;
vibrazioni (es. scosse sismiche, attività dell’uomo);
effetto leva operato dal vento sui fusti degli alberi.
La resistenza dell’ammasso roccioso non dipende quindi direttamente dalle caratteristiche della roccia, ma da quelle delle discontinuità presenti in essa: più le fratture sono numerose, aperte, continue, e aventi varie orientazioni e minore è la resistenza disponibile contro l’azione della gravità.
Queste condizioni di instabilità, se non adeguatamente mitigate, evolvono nel tempo coinvolgendo porzioni sempre più interne della rupe, portando a crolli più o meno estesi lungo il suo perimetro con i conseguenti danni agli edifici.


Figura 2 – Nella foto di destra (scattata il 5 novembre 2014) è molto evidente il recente crollo nel settore nord-occidentale della rupe; il cerchio rosso indica dove si trovava la casa di S. Bonaventura.



Figura 3 – Gli edifici crollati a causa delle frane negli ultimi quattro secoli nel settore sud-occidentale della rupe di Civita di Bagnoregio.



SAN BONAVENTURA E LA SUA CASA

Giovanni Fidanza, meglio conosciuto come San Bonaventura da Bagnoregio (Bagnoregio 1217/1221 circa – Lione 1274), fu Vescovo, Cardinale e ministro generale dell’Ordine Francescano, professore all’Università di Parigi, ma soprattutto, fu un religioso, filosofo e teologo tanto da meritarsi il titolo di Doctor Seraphicus. A lui si deve una delle più importanti biografie su San Francesco d’Assisi (la Legenda Maior). Lo stesso San Bonaventura racconta come, quando da bambino si ammalò gravemente, San Francesco - che in quel periodo si trovava a Bagnoregio per predicare e fondare il "Locus" francescano - nella grotta del Belvedere lo guarì e gli rivolse le parole "Bona Ventura". Da quel giorno tutti lo chiamarono Bonaventura e lui stesso assunse questo nome nel momento del suo ingresso nell’Ordine Francescano. Bonaventura entrò poi nel convento di San Francesco Vecchio, situato a metà strada tra Bagnoregio e Civita. L’unica reliquia oggi esistente del Santo, dopo che gli Ugonotti profanarono il suo sepolcro e ne dispersero i resti nel 1562, è il "santo braccio", che fu trasferito a Bagnoregio da Lione nel 1490, ed oggi conservato nella Cattedrale.In ricordo di dove una volta esisteva la casa in cui S. Bonaventura trascorse la sua giovinezza è stata posta un’edicola votiva con l’immagine del Santo (foto 5). Trecento anni dopo, nel 1524–25, parte della casa venne trasformata in una chiesa a lui dedicata, di cui rimangono scarse notizie. Danneggiata dal terremoto del 1695, altri ingenti crolli si verificarono in occasione del terremoto del 1764, finché i continui franamenti della rupe ne comportarono l'abbandono nel 1826.
Nel 1846 le pietre della casa, ormai in rovina, furono utilizzate per costruire una piccola cappella dedicata al Santo nella chiesa di S. Francesco a Bagnoregio, di fronte alla sagrestia.
Della casa di S. Bonaventura è rimasto oggi solo lo spigolo nord-orientale dell’edificio, sull’orlo di una scarpata verticale di oltre 30 metri: una scala in ferro (non agibile), sospesa sul precipizio, conduce a ciò che rimane di due locali sotterranei scavati nel tufo.


Figura 4 – Progetto realizzato dagli abitanti di Civita ed allegato alla richiesta al Cardinal Barbarigo (Vescovo di Montefiascone) per la ricostruzione della casa di S. Bonaventura dopo il terremoto del 1695; il progetto non venne finanziato.



Figura 5 – L’edicola posta a ricordo della casa di S. Bonaventura.









 
 
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