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Fare gruppo con gli adolescenti di Daniele Biondo

Archivio > Aprile 2009 > Recensioni

C.I.P. n. 7 - RECENSIONI

Presentazione del libro: FARE GRUPPO CON GLI ADOLESCENTI. FRONTEGGIARE LE "PATOLOGIE CIVILI" NEGLI AMBIENTI EDUCATIVI di DANIELE BIONDO
Alice Antonelli, Stefania Palazzi
Psicologhe, collaboratrici del Centro Alfredo Rampi Onlus

Il giorno  3 marzo 2009 presso la biblioteca della Link Campus University, si è svolta la presentazione del libro del Dott. Daniele Biondo " Fare gruppo con gli adolescenti", con la presenza della Prof.ssa Anna Maria Ajello - Professore Ordinario di Psicologia dell’ Università la Sapienza, Prof. Alberto Cataneo - Dirigente Scolastico Istituto T. Levi Civita, Dott. Giovanni Straquadaneo - Presidente Associazione degli studenti Link Campus University e nel ruolo di moderatore, il Prof. Gianni Ricci - Delegato della Didattica della Fondazione Link, Fondatore del Telefono Azzurro.
Il professor Ricci, nel ruolo di moderatore, ha introdotto alcuni aspetti presenti nel libro, in particolare ha rintracciato nel concetto di gruppo, il filo conduttore del libro, anche facendo riferimento alla propria esperienza nel campo dell’insegnamento. Descrive il gruppo come un elemento importante sia per gli adolescenti, sia per i giovani adulti, in quanto strumento per socializzare, per avere nuovi stimoli e per portare avanti un " impegno condiviso" come può essere la stessa Università. Inoltre, ciò che maggiormente lo ha incuriosito, è il concetto di fretta nei ragazzi. La fretta che è collegata alla paura di non fare in tempo  a sperimentare tutto ciò che la società frenetica propone. Una società che induce i giovani all’omologazione, alla necessità di apparire, senza dare i necessari strumenti per scegliere, anche a causa di un relativismo etico che ci troviamo a vivere in questi anni.
A questo punto prende la parola la professoressa Ajello, che, partendo dall’ottica della psicologia dell’educazione, esprime il suo interesse per il libro, rimarcando l’importanza della presa in carico dei problemi dell’adolescente, intesi nella complessità della relazione individuo-contesto. Soprattutto sottolinea l’assunzione da parte degli adulti della responsabilità di educare, cosa che permette ai giovani di affidarsi ad essi.  Partendo dal titolo, il fare gruppo "con" vuole superare il vecchio concetto di alleanza, che sembrava suggerire la presenza di un nemico da combattere, per dare invece adito ad una rappresentazione del gruppo come luogo di co-costruzione di risorse, luogo in cui gli adulti possano assumere la responsabilità di non permettere una deviazione del gruppo da strumento di risorsa a elemento negativo (formazione del branco).
La professoressa Ajello sottolinea però quanto in questo periodo, si stia osservando una rinuncia da parte del mondo adulto ad adempiere al proprio ruolo di educatore, da ciò l’emergere di un’accentuazione di comportamenti di tipo deviante nel mondo adolescenziale.
L’esempio del 5 in condotta come punizione esemplare, torna molto utile per spiegare la propria convinzione, ossia che nessuna punizione che non porti con sé un intervento responsabile da parte degli adulti, possa avere poi la possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Gli adulti, sono anche essi invitati a fare gruppo. La situazione attuale purtroppo ci narra di insegnanti che utilizzano regole diverse gli uni dagli altri a cui gli studenti si conformano. Sarebbe invece utile la capacità degli insegnanti di aiutare gli adolescenti a capire il senso positivo del loro stare insieme, dell’importanza di condividere il proprio progetto formativo.
Gli studenti vogliono essere riconosciuti socialmente, ma questo a scuola non accade, non esiste una passione condivisa per i propri obiettivi, perché il mondo adulto non riesce a suscitare il gusto dell’imparare, dell’essere parte attiva della propria formazione.
Soprattutto non è del tutto in grado di sviluppare le capacità degli studenti, tanto meno di quelli ritenuti marginali, che pur sempre fanno parte di un sistema complesso come è quello scolastico.
Il concetto che emerge dall’intervento della professoressa Ajello è quello di responsabilità, che va in due direzioni: attribuzione della responsabilità al soggetto che cresce e assunzione di responsabilità da parte del mondo adulto.
La parola passa poi al professor Cataneo, dirigente scolastico del Liceo Tullio Levi Civita.
Definisce il libro "importante". Il suo parere è che esso sia arrivato a conclusione di un lungo periodo storico che è stato testimone di profondi rimaneggiamenti nel rapporto tra la scuola e la psicologia, innanzitutto nella presa di coscienza da parte della scuola di non avere al proprio interno tutte le risorse per affrontare il disagio giovanile, poi il passaggio da una considerazione del disagio in termini prettamente individualistici, e con esso una richiesta alla psicologia di intervenire sul singolo per ristabilire la "norma" attesa dalla società, ad una concezione del disagio come un sistema di relazioni in crisi. Il dirigente scolastico, citando il libro, mette l’accento in particolare su due aspetti. Il primo è la critica alla società postmoderna, in cui il cinismo ed il disincanto hanno reso difficile il processo di riflessione, indispensabile per poter dare un senso alle proprie esperienze, e trovare anche il proprio senso del limite. Già con la cultura scientifica del ‘900 e l’affermarsi della tecnologia, tanto idolatrata, l’adolescente sente di potersi muovere in un mondo di infinite possibilità, senza porsi alcun limite. Tanta libertà, senza però un corrispettivo senso della vita, non fa altro che disorientare i giovani. E’ proprio il senso della vita il secondo aspetto sottolineato da Cataneo. E’ la cultura che dà gli strumenti per "avere accesso al mondo del senso". Il problema attuale  è che per i giovani la cultura è ormai priva di importanza. La scuola quindi si trova ad affrontare questa situazione da sola, a persuadere che la cultura sia un valore, proprio mentre la società la demolisce. Questo risulta un compito impossibile. Inoltre anche la fondamentale alleanza fra la scuola e la famiglia è diventata un’impresa molto difficile, quando invece un mondo adulto coeso potrebbe aiutare i ragazzi a costruire il senso delle proprie esperienze.
Giovanni Stracquadaneo è, a livello anagrafico, una possibile congiunzione fra il mondo degli adolescenti e quello degli adulti. Si definisce infatti esso stesso un "giovane adulto". Trova molto interessante la dicotomia che sta alla base del fallimento nella relazione adolescenti-adulti. Infatti se da un lato i giovani non si rapportano in maniera seria,  in quanto per un moto di orgoglio tendono ad autogovernarsi  negando il ruolo degli adulti, questi ultimi tendono a trincerarsi dietro il proprio ruolo che di fatto impedisce il dialogo. Attraverso alcuni seminari fatti dagli stessi studenti dell’ Università Link Campus nei Licei, Stracquadaneo ha avuto modo di osservare che al lavoro di gruppo non viene data importanza, negando quindi l’utilità del gruppo stesso nell’apprendimento . Anche lui sottolinea la mancanza di tempo, per questi giovani che vorrebbero provare ogni tipo di situazione prima di poter scegliere la strada da seguire.  D’ altra parte, la Scuola non deve soltanto impartire nozioni, ma dare la possibilità ai ragazzi di esprimersi, capire quali siano le proprie competenze e peculiarità. La Scuola deve saper lavorare in rete, progettare interventi in collaborazione con le altre agenzie di socializzazione e si deve dare  importanza al contributo dei giovani nella società, cosa che nelle grandi aziende, ma anche a livello politico, non viene permessa. Prima di passare la parola all’ Ing. Russo, il Presidente dell’Associazione degli Studenti esprime la volontà di sottolineare un ultimo punto, ossia il ruolo della psicologo nella Scuola. Il suo vuole essere un invito ai giovani a rappresentare la figura dello psicologo come un punto di riferimento, qualcuno che possa dare degli input, che possa far emergere dei dubbi e possa spronare a porsi delle domande, in una società fatta di superficiali certezze. L’Ing. Russo a questo punto sottolinea l’importanza per il Campus Link di questa presentazione, proprio perché il senso di gruppo e di network è alla base degli interventi che l’ Università conduce nell’ambito  sociale (come ad esempio dei seminari all’interno degli Istituti scolastici superiori). Unico disappunto rispetto agli argomenti finora trattati, è legato alla rappresentazione negativa della tecnologia. Secondo lui infatti, non è un errore volerne superare i limiti, ma lo è l’uso sbagliato che se ne fa a causa della cattiva educazione in materia.


Un momento della presentazione del libro; da sinistra Dott. Giovanni Straquadaneo, Dott. Daniele
Biondo, Prof.ssa Anna Maria Ajello, Prof. Gianni Ricci, Ing. Russo ed infine Prof. Alberto Cataneo.



A questo punto prende la parola il dott. Biondo, che dopo aver ringraziato i presenti per l’attenzione mostrata nei confronti del libro, approfondisce gli argomenti che sono stati introdotti precedentemente.
Viene illustrato come la crisi economica che sta colpendo tutto il mondo, stia ulteriormente allargando il gap fra le generazioni. Nelle aziende, infatti, viene contrapposta l’esperienza dei lavoratori più anziani alla flessibilità e la capacità di utilizzo delle nuove tecnologie dei giovani. In questo modo le generazioni sono messe una contro l’altra, facendo uscire precocemente dal processo produttivo la "vecchia guardia" di lavoratori in favore dei giovani che però vengono strumentalizzati dall’impresa stessa. Tutto ciò rappresenta la crisi di un’ intera società. Così come nel ‘700 i bambini, e nel ‘800 le donne, l’adolescente oggi subisce la sofferenza maggiore. La società postmoderna, mondo dell’effimero, dell’onnipotenza, della mancanza di limite, della superficialità, non rappresenta più una cornice entro la quale l’adolescente possa collocarsi, possa assimilare dei valori condivisi dal mondo adulto. Nella società patriarcale  invece i valori venivano assimilati dalle generazioni più giovani per osmosi . Questo eccesso di libertà può farci del male, ma sono soprattutto gli adolescenti ad essere più esposti al rischio. Questo perché non hanno un sistema di regolazione. Le infinite possibilità che vengono offerte dal mondo degli adulti ai giovani, diventano un messaggio negativo nel momento in cui proviene da un adulto che si è completamente deresponsabilizzato. I genitori di oggi sono quelli che hanno fatto la "rivoluzione", ma, a differenza dei loro figli, avevano dei genitori a cui contrapporsi, che in qualche modo avevano fatto loro interiorizzare dei valori e delle regole. Il giovane d’oggi fantastica di crescere da solo, in un mondo senza tempo né spazio, dove si è soliti vivere nel virtuale come se fosse reale. Tutto ciò è frutto di  una modificazione dell’intera società, infatti possiamo chiederci  il perché oggi sentiamo di più una patologia del branco che in fondo è sempre esistita. La risposta è da ricercare nel timore condiviso non solo dagli adolescenti, ma anche e soprattutto dal mondo adulto, di poter diventare branco essi stessi, di imbarbarirsi. Il dott. Biondo sottolinea però anche ciò che meglio funziona con gli adolescenti, ossia usare il gruppo come risorsa per intervenire, tralasciando il modello che prevedeva una visione clinica psicopatologica del problema individuale. Il branco è una patologia del gruppo, rappresenta il suo stato primitivo, l’espressione dell’impulso puro, senza alcun tipo di filtro (il pensiero). In fondo, il gruppo rappresenta un elemento strutturante durante l’adolescenza, poiché ha la capacità di organizzare nella mente un funzionamento pluralistico, la capacità di riconoscere l’altro come diverso da me. Il gruppo dei pari quindi diventa una necessità, in quanto fondato sul mutuo sostegno e sul pluralismo, a differenza del branco che è strutturato in maniera gerarchica. I componenti del branco registrano uno scarto maturativo, poiché non sono stati aiutati dagli adulti e si sentono soli e troppo angosciati per poter riconoscere e investire sulle proprie risorse. Ci si chiede allora come il gruppo possa essere utilizzato come sistema educativo e terapeutico per trattare il branco. Il dottor Biondo espone la sua esperienza di intervento psicosociale e psicoeducativo con il gruppo classe. In una classe in cui la parte sana, si mette da parte lasciando il posto alla devianza del branco, l’adulto interviene proponendo la legge del gruppo, l’apertura verso le ragioni dell’altro. Anche con soli quattro incontri della durata di un’ora e mezzo con degli operatori competenti, la parte sana prende fiato, espone le proprie idee e marginalizza la parte primitiva. Ciò ci invita a pensare a quanto effettivamente sia necessaria la presenza di un mondo adulto responsabile e accogliente, in una società in cui ciò che rappresenta maggiormente gli adulti sembrano essere l’impotenza e la rassegnazione.
Il dottor Biondo conclude in questo modo il suo intervento. Si apre lo spazio a nuovi interventi e a nuove proposte.
La professoressa Ajello sottolinea la necessità di offrire agli adolescenti un progetto formativo che sia effettivamente interessante, che vada oltre una cultura astrusa, teorica e astratta e possa generare passione per i propri impegni.
La scuola è centrata su conoscenze teoriche e sembra escludere un collegamento con il mondo del lavoro, ciò è espresso anche dalla poca importanza conferita alla scuola professionale.
In seguito un insegnante presente nel pubblico sente la necessità di affrontare di nuovo il tema del 5 in condotta, in quanto contrariamente a quanto affermato dalla professoressa Ajello, si dichiara favorevole all’utilizzo di quello che secondo lui è uno strumento educativo, qualcosa che misuri oggettivamente il comportamento dello studente. Tuttavia chiede alla professoressa Ajello quali siano secondo lei i metodi che il mondo degli adulti potrebbe adottare nei confronti degli studenti prima di giungere ad una punizione.
La docente elenca una serie di metodi che ritiene importanti: avere valori condivisi, usare modalità di lavoro collaborative e centrate sull’apprendimento dei ragazzi; proporre dialoghi riflessivi, deprivatizzare le pratiche didattiche.
Soprattutto la professoressa sottolinea che la cosa più importante in assoluto che gli adulti possano fare nel contesto scolastico è promuovere la voglia di imparare.
L’ incontro si conclude con la consapevolezza condivisa di non aver solamente  fornito un inquadramento teorico rispetto al "problema" adolescenza, ma anche di aver avuto uno spazio per riflettere sulle responsabilità del mondo adulto rispetto al nichilismo giovanile, e su quello che consegue da questo stato emotivo che ormai è fonte delle preoccupate proiezioni di chi non è più capace di dare un senso ad un tempo e uno spazio dilatati.      




 
 
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