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Microzonazione sismica: effetti di sito

Archivio > Agosto 2013 > Territorio

C.I.P. n. 20 - TERRITORIO

MICROZONAZIONE SISMICA: EFFETTI DI SITO
Giovanni Maria Di Buduo
Geologo

In generale gli effetti di un terremoto diminuiscono di intensità all’aumentare della distanza dall’epicentro (punto della superficie sulla verticale dell’ipocentro, dove è avvenuto il movimento che ha generato il terremoto) (fig. 1), ma possono essere notevolmente diversi a seconda delle caratteristiche dell’area considerata: cioè gli ‘scuotimenti’ in una certa zona, anche molto circoscritta, possono essere maggiori in intensità e durata rispetto alle zone vicine.
Ciò è dovuto al fatto che le onde sismiche subiscono delle modificazioni dipendenti da fattori morfologici e stratigrafici locali.
Quindi gli effetti del terremoto non dipendono solo dall’energia liberata (magnitudo) e dalla distanza dall’ipocentro, ma anche dal tipo e dall’assetto dei materiali geologici attraversati.
Gli studi di microzonazione sismica sono finalizzati all’individuazione di questi "effetti di sito", cioè le condizioni geologiche, geomorfologiche e geotecniche che a scala locale possono modificare più o meno intensamente le caratteristiche dello scuotimento sismico, e dei cosiddetti "effetti co-sismici", cioè quei fenomeni che vengono innescati dal terremoto (fig. 2).

Gli effetti di sito che influiscono maggiormente sulla modificazione del moto sismico sono:

  • la morfologia superficiale (es. vette, linee di cresta) e sepolta (es. valli alluvionali recenti) (fig. 3),

  • le caratteristiche stratigrafiche (fig. 3 e 4),

  • le proprietà geotecniche dei terreni in campo statico e dinamico (le caratteristiche di un deposito possono "degradarsi" rapidamente se sottoposte ad un intensa sollecitazione ciclica come quella causata dal passaggio delle onde sismiche).


Gli effetti co-sismici (e post-sismici) sono costituiti da tutti quei fenomeni, per i quali l’area considerata presenta una certa predisposizione, che vengono innescati dalla scossa sismica:
- aperture di faglie e fratture in superficie;
- instabilità dei versanti (frane);
- instabilità del suolo: liquefazione e fenomeni di densificazione in terreni grossolani incoerenti (sabbie); consolidazione post-sismica di terreni a grana fine (argille e silt).



Fig. 1 – In una situazione ideale (molto lontana dalla realtà) gli effetti di un terremoto diminuiscono con la distanza [immagine: Crespellani, 1998 – modificata].




Fig. 2 – Gli effetti di un terremoto sono fortemente influenzati dalle caratteristiche locali note come "effetti di sito" (cornici blu); una scossa sismica è anche un fattore di innesco per molti fenomeni, noti come "effetti co-sismici" e "post-sismici" (cornici rosse)  [immagine: Crespellani, 1998 – modificata].




Fig. 3 – Tra gli "effetti di sito" che provocano l’aumento di ampiezza e durata di una scossa sismica in un determinato sito vi sono le caratteristiche morfologiche (es. le onde sismiche si concentrano nelle zone di cresta) e stratigrafiche.


Gli effetti di sito comportano dunque la modificazione in ampiezza, frequenza e durata dell'azione sismica.
Quando le onde sismiche attraversano una superficie di discontinuità tra rocce e terreni di età e caratteristiche diverse in prossimità della superficie si verificano contemporaneamente (fig. 4):
la generazione di onde riflesse e trasmesse (rifratte);
la generazione di onde superficiali (che, come evidenzia il nome, si generano comunque in corrispondenza della superficie);
una modificazione nell’ampiezza, in misura proporzionale alla differenza di impedenza sismica dei mezzi a contatto (impedenza = velocità onde di taglio per il peso dell’unità di volume del terreno), cioè, detto semplicemente maggiore è la diminuzione di velocità delle onde sismiche e minore è la densità dei terreni superficiali, maggiore è l’amplificazione (un caso tipico è quello dei depositi alluvionali recenti nei fondo valle).



Fig. 4 – Il passaggio delle onde sismiche in depositi poco addensati che le trasmettono con minore velocità genera amplificazione sismica.

Tra i fenomeni che comportano l’amplificazione sismica c’è quello della "risonanza", ancora purtroppo molto sottovalutato in fase di progettazione dei fabbricati.
Qualsiasi corpo (sia un opera dell’uomo sia il sottosuolo) ha una sua propria frequenza di vibrazione (in genere una principale e altre secondarie) (fig. 5 e 6).
Quando la frequenza fondamentale (o le frequenze) del sottosuolo e della costruzione sono all’incirca uguali, in caso di sollecitazione dovuta al passaggio di onde sismiche si genera una fortissima amplificazione del moto sismico ("risonanza").




Fig. 5 – Frequenze fondamentali di edifici in cemento armato: in generale maggiore è l’altezza del fabbricato, minore è la frequenza di vibrazione (cioè più è lungo il periodo di oscillazione). Per esempio un edificio di 10 metri d’altezza ha una frequenza fondamentale compresa all’incirca tra 4 e 6 Hertz (1 Hertz = 1 oscillazione al secondo). In realtà occorre considerare anche la forma e le modalità costruttive.



Fig. 6 – Esempio di modi normali (di vibrazione) di una torre (l’ampiezza delle oscillazioni è stata esagerata per scopi illustrativi) [immagine: www.romolodifrancesco.it].


In fase di progettazione di una struttura le frequenze fondamentali del sottosuolo possono (e devono) essere valutate mediante una particolare indagine, la misura di microtremori sismici a stazione singola: in tal modo l’opera può essere progettata con frequenza fondamentale diversa da quella del sito, per evitare il fenomeno della risonanza, e quindi per evitare che di verifichino pericolose amplificazioni sismiche.

La microzonazione sismica rappresenta quindi l’unico strumento valido per verificare il modo in cui ciascun sito del nostro territorio si comporta in caso di terremoto, e ridurre quindi la vulnerabilità delle opere (diminuendo la vulnerabilità, a parità di pericolosità, diminuisce il rischio - si veda l’articolo "Pericolosità e rischio ambientale" CIP n. 7, 2009).
La carta della pericolosità sismica prodotta dall’INGV (http://esse1.mi.ingv.it/) è la base di partenza su cui effettuare approfondite indagini e valutazioni volte a definire correttamente la pericolosità sismica locale e quindi le azioni sismiche da applicare per progettare correttamente le costruzioni.
La pericolosità sismica di base si riferisce infatti a condizioni IDEALI di suolo roccioso (bedrock sismico con velocità delle onde di taglio superiore a 800 m/s) affiorante e privo di irregolarità morfologiche (superficie topografica orizzontale) e fornisce le caratteristiche del terremoto di riferimento.
La pericolosità sismica di base fornisce, in termini probabilistici (per una certa regione e per un determinato periodo di tempo) i valori, corrispondenti a prefissate probabilità di eccedenza, dei parametri che descrivono lo scuotimento prodotto dal terremoto: per esempio in una determinata zona può esserci il 10% di probabilità che in 50 anni si verifichi un terremoto che induca IDEALMENTE un picco di accelerazione al suolo di 0,23g, ma tale valore sarà quasi sicuramente superiore (e in determinate condizioni MOLTO superiore) per i motivi elencati sopra.
Il nostro patrimonio edilizio è drammaticamente vulnerabile ai terremoti innanzitutto per la sottovalutazione (o la mancata conoscenza) degli effetti di sito in fase di progettazione.
È necessaria quindi una costante ed intensa attività di microzonazione sismica diffusa a gran parte del nostro territorio: la strada intrapresa dall’area "Difesa del Suolo" della Regione Lazio rappresenta un ottimo esempio (http://www.regione.lazio.it/rl_ambiente/?vw=contenutiElenco&id=13).


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

CRESPELLANI T. (1998): Effetti di sito e fenomeni di instabilità indotti dai terremoti nei depositi e nei pendii. Ingegneria geotecnica nelle aree sismiche, a cura di Teresa Crespellani, Carlo Tasso – Udine Editore.

DI FRANCESCO R. (2010): Geotecnica – Guida pratica alla luce delle nuove NTC. Dario Flaccovio Editore.



 
 
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